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Impedire l'irreparabile
di
Alessandro Ferretti
Dopo l'assassinio in Iran del capo politico che stava conducendo le trattative per il cessate il fuoco e la successiva luce verde data dagli USA alla fornitura di venti miliardi in armi a Israele, la situazione in medio Oriente è ormai completamente chiara.
Il governo israeliano, sin da subito dopo il sette ottobre, ha esplicitamente detto che punta a una "vittoria totale" ovvero a una soluzione definitiva della questione palestinese.
Netanyahu e soci sono malvagi ma non stupidi: sanno benissimo che eliminare la resistenza palestinese è possibile solo in due modi. Il primo è con la pace, riconoscendo pienamente i diritti dei palestinesi, cosa che non passa loro neanche per l'anticamera del cervello, e il secondo è con la guerra, realizzando la pulizia etnica totale sia a Gaza che in Cisgiordania.
Si sono quindi imbarcati sulla seconda soluzione e si sono abbondantemente bruciati i ponti alle spalle da ogni punto di vista. Un accordo per il cessate il fuoco che restituisca Gaza ai palestinesi equivarrebbe quindi a un fallimento totale del loro piano, un ritorno allo status quo ante con l'aggravante di aver devastato l'immagine di Israele agli occhi del mondo intero, esponendosi alla giustizia internazionale. È ovvio che non abbiano la minima intenzione di accettarlo.
Però il governo israeliano sa anche che per far passare come "autodifesa" un crimine così colossale e mostruoso come la pulizia etnica totale, il sette ottobre non è sufficiente. C'è bisogno di una minaccia esistenziale a tutto lo stato di Israele, e questa non può essere altro che un attacco iraniano.
Subire questo attacco è purtroppo un obiettivo relativamente facile da conseguire: basterà continuare a provocare l'Iran con uccisioni mirate e bombardamenti che ne violino la sovranità e facciano passare il suo governo per debole e irrilevante fino a quando il regime iraniano si troverà davanti a una scelta esistenziale: reagire in modo significativo o essere travolto dall'interno.
A questo punto, basterà alla propaganda israeliana definire tale reazione come una dichiarazione di guerra antisemita di sterminio dell'Iran nei confronti di tutti gli ebrei, e dire all'Occidente che i palestinesi sono agenti iraniani di tale guerra di sterminio per far passare la pulizia etnica totale come diritto alla difesa. I palestinesi verranno così spazzati via dalle loro case grazie all'uso totalmente indiscriminato della forza militare bruta.
Sembra impossibile che una simile mostruosità possa andare in porto, eppure l'inazione totale e complice dell'Occidente "civile e democratico" di fronte alle attuali spaventose atrocità israeliane ha già dimostrato che all'opinione pubblica occidentale (ovvero, la classe minoritaria di ipocriti egoisti acculturati e benpensanti che ne costituisce la spina dorsale) non importa assolutamente nulla della vita dei palestinesi e che accetterà tale fatto compiuto senza fiatare.
Inoltre, l'insofferenza già manifestata nei confronti delle pacifiche occupazioni studentesche mostrano che questa classe, adeguatamente imboccata e coccolata dagli "opinion makers" organici al potere, è già più che disposta a scusare e giustificare (se non addirittura ad invocare) una feroce repressione poliziesca nei confronti delle proteste con cui le persone ancora umane cercheranno di opporsi a questo crimine monumentale.
Questo orrendo finale segnerà la perdita definitiva della credibilità morale dell'occidente (il cosiddetto "soft power") e sarà quindi l'inizio di un'era in cui i rapporti tra potenze vengono regolati direttamente sui campi di battaglia globali: una guerra permanente tra noi occidentali e il resto del mondo, che verrà combattuta e persa (non fatevi illusioni, cari benpensanti) anche da noi e dai nostri figli.
L'unico punto debole del piano è che per realizzarsi ha bisogno del costante supporto occidentale. Israele non è la Russia e senza il sostegno dei suoi alleati non ha alcuna speranza di portare avanti il suo piano da solo.
Quindi, l'unica (improbabile, ma non impossibile) via di uscita è una mobilitazione dal basso mirata a denunciare e smascherare l'assordante silenzio sul massacro dei palestinesi da parte dei partiti istituzionali che si autodefiniscono appartenenti all'area di sinistra.
L'obiettivo è di costringerli ad impiegare le loro strutture partitiche in una coerente campagna di denuncia costante dei crimini israeliani, diffondendo informazione e creando consapevolezza su ciò che sta facendo Israele e su dove ci porterà se non interromperemo a suon di sanzioni ogni supporto alle sue politiche genocidarie.
In questo modo i benpensanti che volessero insistere nel tenere la testa sotto la sabbia perderebbero ciò su cui contano per puntellare il loro ipocrita ego, ovvero l'appartenenza conformista al gruppo dei bravi cittadini sapienti, civili, democratici e antifascisti di cui hanno bisogno per distinguersi aristocraticamente dalla massa di destra.
Fondamentale tassello di una simile mobilitazione è ovviamente la partecipazione degli iscritti e soprattutto dei militanti dei partiti in oggetto, che essendo all'interno possono svolgere un ruolo molto importante. Finora, a parte rari (troppo rari) casi, sono stati fondamentalmente silenti, quando non apertamente complici (basti pensare alle posizioni di "Sinistra per Israele").
Tocca quindi a noi insistere con coloro che conosciamo affinché si sveglino dal loro torpore e comincino finalmente ad agire, consapevoli che il tempo scorre inesorabile e ogni giorno che passa, oltre a causare un numero intollerabile di vittime innocenti, ci avvicina sempre più a un destino irreparabile.
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