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21 luglio 2024
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Parere ICJ sentenza storica e piccola rivoluzione
di Paolo Mossetti

Perché è storica la sentenza della Corte internazionale di Giustizia? Perché ha detto che:

- Israele è uno stato di apartheid: la parola è usata esplicitamente; ora la possono usare anche i politici senza farsi accusare di antisemitismo;

- Israele ha occupato Gaza ininterrottamente per decenni fino a oggi (anche dopo il "ritiro" del 2005);

- Israele sta annettendo illegalmente la Cisgiordania, violandone l'autodeterminazione;

- Israele deve terminare l'occupazione, smantellare le colonie illegali e ricompensare i palestinesi.

Ma, in definitiva, molti si chiedono cosa cambia dopo la sentenza della Corte. I cinici e gli scettici diranno che oggi è uguale a ieri, e che domani sarà lo stesso. In realtà, non potrà restare tutto esattamente come prima. E per capire perché, bisogna ricordare a che punto del dibattito sulla Palestina stavamo anche solo l'altro ieri.

L'aspetto scoraggiante della sentenza è che è un parere consultivo, non vincolante. Non risolve nulla, non impone alcuna azione e non ha alcun impatto se viene ignorato. Il famoso diritto internazionale continuerà a essere carta straccia nei rapporti tra potenze, specie se alla Casa Bianca tornerà Trump - eventualità che alcune comunità ebraiche di destra e persino di sinistra auspicano esplicitamente, favorendo l'antisemitismo vero e alienandosi le simpatie dei progressisti.

Ma questa non è la cosa più importante da ricordare. La cosa importante da ricordare è che il più alto e prestigioso tribunale internazionale ha affermato per la prima volta l'illegalità dell'occupazione dei territori palestinesi in quanto tale. Israele è colpevole di apartheid, discriminazione e occupazione illegale.

Inutile dire che è stato smontato il castello di scuse affitto da paesi come Germania o Gran Bretagna per boicottare i tribunali internazionali che stanno indagando su Israele.

Inutile dire che è stato smontato anche il costrutto retorico dei filoisraeliani ideologici, di scuola pannelliana o del centro liberale che in Italia ricattano intere redazioni e reagiscono con violenza e querele alla perdita di controllo della narrazione.

Se prima questa sequela di accuse era una prerogativa per lo più degli esperti sul campo, della sinistra radicale e degli attivisti, mentre il mainstream la perimetrava in una nube di reticenza, intimidazioni e scusanti prodotte dagli azzeccagarbugli, dai notai e dai gruppi di pressione filoisraeliani radicali, ora ha il timbro di un'istituzione sovranazionale.

Scrivere nero su bianco certe frasi, certe nozioni e certe parole come apartheid allarga la famosa finestra di Overton della politica: certe cose adesso si possono dire, si possono proporre, si possono infilare in editoriali, reportage e persino programmi politici. E questa è già da sola una piccola rivoluzione, anche se avviene a pulizia etnica e annessioni tuttora in corso.

Una piccola rivoluzione non basta, ma quando avviene bisogna farci caso.

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