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Allora come ora
di
Rinaldo Battaglia *
Alle ore 12 e 42 minuti del 20 luglio 1944, un giovedì di 80 anni fa, un attentato – bene studiato e bene organizzato, malgrado le maglie strette della Gestapo e di tutto l’apparato del Terzo Reich - fallì per un niente. A Rastenburg, il quartier generale del Führer nei freschi boschi della Prussia Orientale, nella cosiddetta ‘Tana del Lupo’ (e già dal nome si possono intuire le sue capacità difensive e protettive) Adolf Hitler si salvò per un soffio. Fallendo l’attentato, fallendo l’assassinio del Fuhrer, la Germania non rimase improvvisamente senza la sua guida suprema e l’obiettivo dei ‘cospiratori’ di arrivare quanto prima alla resa del Terzo Reich (salvandolo dalla catastrofe finale) e anticipare la fine della guerra di quasi un anno, fallì di conseguenza.
Tutta l’operazione passò alla Storia col nome di ‘Valchiria’ ed era la ‘pietra angolare’ del programmato colpo di Stato, ideato da chi aveva capito che la guerra era persa e, con essa, erano a rischio i propri poteri (militari, sociali ed economici) e le proprie ricchezze, accumulatesi soprattutto in funzione della guerra e grazie alla guerra. Il piano Valchiria fu ordito, infatti, proprio da chi aveva prima cercato, costruito e beneficiato della criminalità di Hitler: un caporale mezzo fallito, salvatosi per miracolo dalla tragedia della Grande Guerra – dove aveva combattuto non per la sua Austria, che lo aveva persino rifiutato, ma per la Germania del Kaiser - promosso all’uomo più potente e temuto al mondo nel giro di neanche 12/13 anni.
Il fine di Valchiria, comunque, aveva una base positiva. Finalmente, una parte dei ceti aristocratici e del mondo militare si erano convinti che si era ‘andati troppo oltre’ e che si necessitava in Germania di un governo più legale, meno disumano e criminale.
Ma il demonio non si arrende mai facilmente e così – è la Storia a dirlo – la guerra proseguì portandosi via altri 20 milioni di vite e si fermò solo dopo due bombe atomiche. Oltre era forse tecnicamente impossibile andare. Anche volendolo.
Il perno centrale del 'piano Valchiria' risultò il colonnello della Wehrmacht Claus Schenk von Stauffenberg, un ufficiale presente in tutte le prime principali campagne naziste, dall’invasione della Polonia alla Francia al Nord Africa. Aveva vissuto la Grande Guerra da bambino (era classe 1907) in una famiglia cattolica della nobiltà decaduta di Stoccarda. Ma come quasi tutte le grandi famiglie cattoliche ed educate alla ‘religione della libertà’ e al culto dell’onore, anche il giovane Stauffenberg già nel 1930 si iscrisse, a 23 anni, al partito nazista. Convintamente e attivamente.
Noi lo sappiamo, quando le cose in economia vanno male, è facile scaricare le proprie frustrazioni e i propri fallimenti personali nel populismo e nella propaganda. Ora come allora. E se qualcuno alza la voce, scatenando odi repressi e parole da uomo delle caverne, volentieri lo si ascolta e lo si segue.“Gli uomini seguono soltanto chi regala loro illusioni. Non ci sono mai stati assembramenti intorno ad un disilluso” diceva non a caso Emil Cioran, uno che ha vissuto quegli anni con molto dolore e sofferenza.
Allora come ora.
Ma la guerra è sempre guerra e talvolta, quando va oltre, scuote anche gli allievi più convinti e fedeli.
I milioni di morti inutili sui vari fronti, le città tedesche bombardate, le violenze che aveva visto e a cui aveva partecipato in nome del Fuhrer e del Terzo Reich, 'convertirono' l’ufficiale della Wehrmacht. Se il ‘male’ era Hitler, eliminandolo fisicamente la catena si sarebbe fermata. In Germania ‘gli uomini che lo seguivano perché regalava loro illusioni’ avrebbero dovuto trovare nuovi idoli, nuove strade, nuove regole. E, di certo, sarebbero state migliori di quelle programmate con criminale atrocità dal Führer e dal suo cerchio magico.
Fu così che già nel settembre 1943, quando anche l’Italia fascista si arrese agli Alleati scatenando subito la vendetta del socio di Berlino, Stauffenberg iniziò a tessere - con molto coraggio e altrettanta dedizione - una rete di Resistenza antinazista, che piano piano si allargò. Forse meglio e più del previsto. Evidentemente serviva un altro ‘riferimento’, un antagonista, che potesse risvegliare i principi di umanità e decenza che erano andati perduti col Fuhrer e che i tedeschi avevano passivamente accettato, più o meno con interesse.
In quel 20 luglio il colonnello Stauffenberg all’alba salì da Berlino su un aereo: il Capo, la Guida, lo aveva invitato a Rastenburg. Come i principali comandanti, doveva anche lui riferire al Fuhrer la situazione militare di competenza o, meglio, ascoltare passivamente le sue farneticazioni su inesistenti armate, capaci di fermare l’Armata Rossa da est e gli Alleati da quasi 50 giorni arrivati in Normandia.
Stauffenberg era poi riuscito ad entrare, con un pretesto, nel solito immobile dove Hitler dopo avrebbe tenuto a rapporto i suoi. Come fatto altre volte. Era riuscito ad entrare e a lasciare, sotto il tavolo al centro della sala, una borsa con dentro una bomba con il dispositivo a tempo già innescato. Ma il demonio non si arrende mai facilmente e così un anonimo e insignificante ufficiale (Heinz Brandt) – uno dei tanti con cui Hitler ci circondava per sentirsi importante e forte – inavvertitamente si spostò prendendo lui quel posto che, di solito, il Fuhrer al centro del tavolo teneva per sé.
Quando la bomba scoppiò, secondo i piani, Stauffenberg - che assistette a cento metri di distanza da quel posto - fu perfettamente convinto del successo dell’attentato e dette il via a tutte le tappe successive dell’operazione Valchiria. Non si accorse che il Führer si era salvato, riportando solo bruciature ai capelli e lievi ferite ad un braccio. Morirono alcuni degli ufficiali presenti – tra cui quell’Heinz Brandt – ma il Terzo Reich sopravvisse e con esso la guerra, segnando inesorabilmente la fine di altri 20 milioni di vite umane.
Il demonio non si arrende mai facilmente e così appena Hitler e il suo cerchio magico si ripresero (data anche l’assenza di certezze nella morte del Fuhrer), alcuni ‘golpisti’ rimasero alla finestra, prudenti, scegliendo di aspettare gli eventi ed evitando così di esporsi troppo. Se gli uomini principali di Stauffenberg – non potendo tornare indietro – decisero di proseguire convintamente ed eroicamente, ancora una volta 'la massa' che aveva favorito e accettato il piano Valchiria, si tirò indietro.
“Gli uomini seguono soltanto chi regala loro illusioni. Non ci sono mai stati assembramenti intorno ad un disilluso”.
Hitler dopo l’attentato, con una mano, regalava ancora illusioni e, con l’altra, la morte immediata a chi non accettava quelle illusioni. In poche ore ordinò infatti di bloccare ed arrestare tutti coloro che fossero coinvolti (o solo sospettati) e i loro familiari. E ancora una volta si aprirono le porte dell’inferno.
Non ci sono numeri sul costo di quella carneficina, di quella criminale vendetta. Esperti parlano di cinque mila uccisioni, ma tutto è opinabile come è facile capire. E toccò anche a nomi prima impensabili come ‘la volpe del deserto’, il grande loro 'eroe' nazista Erwin Rommel.
Ma il primo, o tra i primi, ad essere “giustiziato” - già nella notte tra il 20 e il 21 luglio – fu ovviamente il colonnello Claus Schenk von Stauffenberg. Hitler volle personalmente che le sue ceneri fossero disperse nelle fogne di Berlino, quale massimo disprezzo.
Passeranno 9 mesi e anche il destino del Fuhrer, della sua Germania e dei suoi uomini che lo avevano seguito solo perché regalava illusioni – a danno degli altri e dei diritti degli altri – troveranno la fine attesa. Ma non nelle fogne di Berlino, bensì bruciato appena fuori dal bunker prima che arrivassero i nemici. Si era suicidato, da vigliacco, tra i vigliacchi. Due giorni prima era toccato al suo socio d'affari e crimini, Benito Mussolini, ucciso mentre da vigliacco tra i vigliacchi scappava verso la Svizzera. Non regalava più illusioni in quel momento.
Passeranno gli anni, ma ora nel suo Paese il colonnello della Wehrmacht Claus Schenk von Stauffenberg è onorato con rispetto e calore. Pensate: oggi le giovani reclute delle forze armate di Germania vengono fatte giurare nella sede centrale del ministero della Difesa tedesco, proprio il 20 luglio di ogni anno.
E sebbene i neonazisti di Alternative für Deutschland nelle ultime europee abbiano raccolto 6.3 milioni di voti (15.9%), in Germania a Hitler e al suo cerchio magico criminale non vengono dedicati onori, mausolei, processioni nella casa natale, vie e piazze pubbliche. Nessuno vuole chiamarsi Hitler o Himmler (anche gli stessi discendenti naturali).
Da noi invece, amaramente, non è così.
Ma del resto gli italiani preferiscono “chi regala loro illusioni”. Per questo anche la memoria della Resistenza antifascista a molti oggi dà fastidio, eppure come diceva una giovane partigiana (Francesca Laura Fabbri Wronowski) "il nostro sogno era cambiare la mentalità degli italiani ed aiutarli ad usare la democrazia. Per tanti italiani è sempre stato comodo avere un capo che risparmiasse loro la fatica del pensare".
Allora come ora.
20 luglio 2024 - 80 anni dopo
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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