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19 luglio 2024
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La coccinella di Brundibar
di Rinaldo Battaglia *

Chi conosce bene le vicende amare del lager di Terezin, sa che i ragazzi ebrei lì deportati rappresentarono - soprattutto nell’estate ’44 - più volte ‘Brundibár, un’opera teatrale del compositore ceco ebreo Hans Krása. Tra quei bambini la figura della coccinella venne affidata talvolta ad un piccoletto di allora 7 anni: Peter Gaspar.

Gli attori cambiavano di frequente perché il loro destino era verso Auschwitz e ad ogni mese – talvolta più volte al mese – partivano da Terezìn treni carichi di disperati per le camere a gas. Il ricambio era pertanto necessario. Pochissimi di quei piccoli attori sopravvissero al lager e alla guerra. Peter fu uno di quei pochissimi.

Era nato il 14 luglio 1937 a Bratislava, in quella che allora si chiamava Cecoslovacchia, da una famiglia benestante e colta. Peraltro, molto impegnata attivamente nello sport, nuoto canottaggio, sci e tennis, tutte passioni a cui fin da piccolo Peter fu coinvolto. E la buona formazione fisica gli sarà poi preziosa e determinante per il suo destino. Sicuramente contribuì a farlo sopravvivere alla fame e alle privazioni dei lager.

Le cose infatti peggiorarono fortemente nel 1942 con l'attuazione della stessa politica razziale antiebraica, com’era già in corso in Germania. A 5 anni, nel giugno 1942, Peter fu espulso dall'asilo e suo padre licenziato dalla compagnia di assicurazioni che da anni dirigeva. In pochi mesi molti componenti della grande famiglia Gaspar - cugini, zii, nonni (parliamo quasi di 40 persone) – vennero poi deportati a Terezin e, in più tappe, passati ad Auschwitz e uccisi lì. Di questo gruppo si salverà solo uno zio, Peter Pavel.

A quel tempo Peter invece abitava alla periferia di Bratislava e quando suo padre venne a sapere del destino degli altri – residenti nel centro città o nel quartiere ebraico – cercò rifugio e riparo presso amici e colleghi della compagnia assicurativa. Nessuno tradì, nessuno si tirò indietro e padre, madre e Peter riuscirono così a nascondersi per quasi 2 anni. Quasi ogni notte cambiavano posto, passando da un garage all’altro, dormendo e vivendo persino nelle tombe di un vecchio cimitero.

Ma nella tarda primavera del ’44 finirono per esser scoperti dalla polizia nazista e subito deportati nel campo di concentramento di Seredi. E, in breve, il padre inviato ulteriormente al lager di Sachsenhausen, Peter e la madre in quello di Terezín.

"Eravamo in trasporto con altre 412 persone, su due carri bestiame. Con le mamme, anche bambini appena nati, e gli anziani, 200 persone per carro con un secchio d'acqua per bere e un altro per le feci. Arrivati a Terezín siamo stati messi nella stalla, dormendo sulla paglia, senza coperta" ricorderà anni dopo. Sarà lì che conoscerà i ragazzi di Vedem, il loro giornalino, le rappresentazioni di ‘Brundibár’. Conoscerà la solidarietà tra i ragazzi destinati alle camere a gas, la fame terribile sempre più forte giorno per giorno ma anche la voglia di non arrendersi mai. Aveva solo 7 anni e con gli altri ragazzi, da Petr Ginz in giù, promise che chi si sarebbe salvato da quell’inferno non avrebbe mai taciuto, ma anzi testimoniato. Con scritti, libri, opere teatrali. In qualsiasi modo per fare memoria e far capire cos’è stata la Shoah.

"L'Olocausto non è iniziato con camere a gas, omicidi ed esecuzioni. È iniziato con stereotipi, pregiudizi, discriminazione, incitamento all'odio. E una volta cresciute all'odio, si arrivò un omicidio molto sistematico e industrializzato “. Sono sue parole, scritte e dette più volte ad ogni occasione, ad ogni ricorrenza.

Peter resisterà a Terezìn e l’8 maggio 1945 vedrà con la madre la liberazione del lager. Mesi dopo rincontrerà anche il padre, sopravvissuto per miracolo ai lavori forzati dell’altro inferno.

Non passeranno nemmeno tre anni che, nel 1948, suo padre con moglie e figlio - dopo il colpo di stato comunista – deciderà di emigrare lontano, lontano dal passato e dai rischi di nuove dittature e assenza di libertà. I tre si fermeranno in Australia e qui Peter - la coccinella di Brundibar – crescerà e diventerà uomo. Si sposerà, avrà due figlie e molti nipoti ma mai mancherà di ricordare quegli anni terribili.

È tuttora in costante contatto coi figli di quelle famiglie di Bratislava che permisero loro di scappare e sopravvivere per due anni – gli anni più criminali nella Shoah dell’ex-Cecoslovacchia - e finora non ha mai mancato di testimoniare. Ha scritto più libri e anche nell’ultimo, uscito nel 2021, già nel titolo risulta significativo: “Lucky to Be Here: Of All Other Possibilities” (La fortuna di essere qui: tra tutte le altre possibilità). Secondo molti, la coccinella è simbolo di fortuna, ma nel caso di Peter più che altro si è trattato di un impegno personale per ricordare il male del passato affinché non si ripeta più. In nessun modo, in nessun mondo. Era il messaggio nascosto di ‘Brundibár', un’opera per bambini ma diretta ai grandi, agli adulti di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Il 14 luglio Peter ha festeggiato gli 87 anni di vita e ancora oggi – si dice a Melbourne - non si sia fermato di ‘testimoniare’. La piccola coccinella lo aveva promesso 80 anni fa a Petr Ginz, Honza, Pintǎ, Greta, Zdeněk e tutti gli altri amici di Terezin, che non ce l’hanno fatta. Grazie coccinella, grazie Peter.

E che le tue parole ci aprano gli occhi. "L'Olocausto non è iniziato con camere a gas, omicidi ed esecuzioni. È iniziato con stereotipi, pregiudizi, discriminazione, incitamento all'odio. E una volta cresciute all'odio, si arrivò un omicidio molto sistematico e industrializzato“.

18 luglio 2024 – 87 anni dopo

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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