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Luigino ad Auschwitz
di
Rinaldo Battaglia *
Luigi (Luigino) Ferri, arrestato a 11 anni, è stato uno dei pochi bambini italiani deportati ad Auschwitz e sopravvissuti alla liberazione del lager.
Grande merito va in questo all'aiuto offertogli dal medico ebreo-austriaco Otto Wolken. Luigino è stato anche uno dei primi testimoni, già nell'aprile 1945, a parlare dell'esistenza delle camere a gas a Birkenau, in una deposizione ufficiale di fronte ad uno dei primi tribunali internazionali d'inchiesta.
Luigino nacque a Milano, il 9 novembre 1932, da una famiglia mista ebraico-cattolica. Sia il padre ebreo (Giulio Ferri) sia la madre cattolica (Lina Koppe) provenivano da Fiume. Rimasto orfano di padre dopo soli pochi anni, si trasferì a Roma con la madre. La sua vita non fu comunque subito colpita dalle leggi razziali fasciste del 1938, risultando egli ufficialmente "ariano", in quanto figlio di matrimonio misto e battezzato.
Nella primavera-estate 1944 però si trovò a Fiume dalla nonna ebrea, per sfuggire ai bombardamenti di Roma. I due vennero così catturati nel giugno 1944 in una retata a Trieste (forse su segnalazione di Mauro Grini o probabilmente da uno dei suoi uomini) e condotti alla Risiera di San Sabba tra l'1 e il 2 luglio 1944.
80 anni come oggi. Triste data.
In quanto "ariano" Luigi non era tra i ricercati, ma non riuscì a rientrare dalla madre a Roma, essendo nel frattempo la città liberata dagli Alleati. Insistette così nel voler restare assieme alla nonna e fu con lei venne deportato direttamente ad Auschwitz.
Il giorno successivo al loro arrivo a Birkenau, Luigi fu definitivamente separato dalla nonna, destinata alla morte nelle camere a gas. Si ritrovò così solo e sperduto nel settore maschile di quarantena (B-II-a) senza che i Kommandant del lager sapessero bene cosa fare di quel bambino "ariano", capitatovi quasi per caso.
Alla fine un medico delle S.S. Heinz Thilo, al quale il bambino conoscendo il tedesco si era ingenuamente rivolto per aiuto, ordinò che anch'egli fosse subito mandato alle camere a gas. La presenza di Luigi però fu notata per sua fortuna anche dal dott. Otto Wolken, un medico ebreo austriaco che da prigioniero lavorava nell'infermeria del settore quarantena. Luigino si trovò così al centro di uno dei più significativi episodi di solidarietà all'interno del lager.
Con la complicità di altri deportati, Otto Wolken riescì a tener nascosto il bambino per alcune settimane all'interno di alcune baracche, finché nell'agosto 1944 fu clandestinamente fatto passare come nuovo arrivato di un trasporto da Rodi ed ‘immatricolato’ col numero B-7525.
La sopravvivenza di bambini al di sotto dei 14 anni fu sempre legata ad Auschwitz-Birkenau a circostanze e condizioni del tutto eccezionali.
Nel caso di Luigi, Otto Wolken riuscì ad ottenere che fosse a lui assegnato come suo portaordini, funzione che il bambino continuerà a svolgere anche quando entrambi saranno trasferiti nel novembre 1944 all'ospedale principale di Birkenau (B-II-f).
Arianna Szörényi, che lo aveva già conosciuto alla Risiera di San Sabba, confermò più volte come "Luigino" svolgesse questo ruolo nel lager e raccontò che talvolta utilizzasse la relativa libertà di movimento, che il suo incarico comportava, per far giungere anche suoi messaggi alla propria mamma, deportata in un altro settore del campo.
Nel gennaio 1945 Otto Wolken e Luigi Ferri riuscirono miracolosamente a sopravvivere durante i giorni della liquidazione del campo, nascondendosi in più occasioni per evitare di essere inseriti nelle ‘marce della morte’ e per sfuggire agli ultimi rastrellamenti delle S.S.
Fu con Primo Levi, Remo Jona, Bruno Piazza, Corrado Saralvo e le piccole Andra e Tatiana Bucci tra i pochi prigionieri italiani presenti a Auschwitz al momento della liberazione, il 27 gennaio 1945. E il suo nome comparve anche nell'elenco delle poche centinaia di bambini che i russi trovarono tra i sopravvissuti.
Dei 776 bambini ‘ebrei italiani’ di età inferiore ai 14 anni deportati a Auschwitz, Luigi fu tra i soli 25 rimasti in vita.
Alcune fotografie del 21 e 23 aprile 1945 poi ritraggono Luigino mentre testimoniava davanti alla "Commissione per l'Indagine sui crimini tedesco-hitleriani ad Auschwitz", una delle prime commissioni internazionali d'inchiesta sui crimini di guerra.
In una foto appare sorridente accanto al suo salvatore, il dott. Otto Wolken.
Quella di Luigi Ferri fu in assoluto la prima testimonianza scritta resa da un deportato ebreo italiano nei campi di sterminio nazisti.
Sette furono i deportati ebrei autori di racconti autobiografici pubblicati in Italia nei primi anni del dopoguerra: Lazzaro Levi alla fine del 1945, Giuliana Fiorentino Tedeschi, Alba Valech Capozzi, Frida Misul e Luciana Nissim Momigliano nel 1946, e infine nel 1947 Primo Levi e Liana Millu. Ad essi vanno aggiunti, oltre a Luigi Ferri, anche Sofia Schafranov, la cui testimonianza venne raccolta nel 1945 in un libro-intervista di Alberto Cavaliere, e Bruno Piazza, il cui memoriale, scritto negli stessi anni, sarà però pubblicato solo nel 1956.
Alla Commissione d'inchiesta Luigi Ferri offrì una lucida e dettagliata deposizione sulle atrocità cui egli vide a Birkenau, dalle selezioni alle camere a gas.
Come affermato dallo storico Liliana Picciotto:
"Si tratta di una delle prime testimonianze in assoluto, che descrivono il procedimento della 'doccia' e dell'immatricolazione, del tatuaggio del numero sul braccio, il ruolo dei medici S.S. e quello dei medici prigionieri all'interno del campo, più in generale, la disciplina, le vessazioni, insomma la sopravvivenza e la morte ad Auschwitz-Birkenau".
La pubblicazione ufficiale dello "Auschwitz-Birkenau State Museum" (Auschwitz, 1940-1945, 5 voll., ed. inglese, Auschwitz 2000) dedicò ampio spazio all'esperienza di Luigino, alla sua biografia e alla sua deposizione, facendone l'unico deportato italiano (oltre a Primo Levi) alla cui testimonianza si faccia frequente riferimento.
Secondo un altro importante storico, Bruno Maida, che ha studiato anche di recente il caso, di Luigi Ferri si persero le tracce nel dopoguerra: di lui "non sappiamo più nulla … non conosciamo qual è stato il suo dopoguerra, se oggi è ancora vivo … , se ha voglia di raccontare la sua infanzia e la sua deportazione, oppure se ha chiuso in altri modi i conti con il suo passato di sofferenza".
Un altro dei tanti casi – forse - per cui si arriva sempre a dire che si può anche uscire dal lager, ma il lager non uscirà mai da te.
A causa dell'irreperibilità di Luigi Ferri, la sua voce non è potuta essere inclusa nel progetto di raccolta dei "racconti di chi è sopravvissuto", una ricerca condotta tra il 1995 e il 2009 da Marcello Pezzetti per conto del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea che ha portato alla raccolta delle testimonianze di quasi tutti i sopravvissuti italiani dai campi di concentramento in quel periodo ancora viventi.
Il CDEC ha però curato e reso disponibile la traduzione italiana della sua deposizione, la quale resta un documento unico e eccezionale sulla vita ad Auschwitz-Birkenau, redatto da un bambino sopravvissuto non a distanza di anni ma di soli pochi mesi dagli eventi narrati.
1 luglio 2024 – 80 anni dopo - dal mio 'Non ho visto farfalle a Terezìn' - ed. AliRibelli – 2021
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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