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Università: uno sforzo per cambiare il mondo
di
Alessandro Ferretti *
Distruggono il 60% delle case di Gaza? "Eh, ma Hamas.."
Ammazzano oltre 10.000 donne e oltre 15.000 bambini? "Eh, ma Hamas.."
Affamano deliberatamente milioni di persone? "Eh, ma Hamas.."
Avvelenano i pozzi dell'acqua potabile? "Eh, ma Hamas.."
Distruggono tutti gli ospedali? "Eh, ma Hamas.."
Tagliano l'elettricità, distruggono il sistema fognario, provocano epidemie? "Eh, ma Hamas.."
Rapiscono, torturano spietatamente e ammazzano persone a caso e neanche restituiscono i cadaveri? "Eh, ma Hamas.."
Commettono crimini di guerra? "Eh, ma Hamas.:"
Ammazzano 270 persone e ne feriscono 700 per liberare quattro ostaggi? "Eh, ma Hamas.."
Bombardano la Cisgiordania ammazzando oltre 500 civili e rubando altra terra ai palestinesi? "Eh, ma Hamas.."
Ma in Cisgiordania non c'è Hamas! "Ah no? Eh, però per il resto, Hamas.."
Questo non è un dialogo in un bar, ma purtroppo è lo stato attuale di gran parte dei professori universitari a Torino (e, temo, anche in Italia). In questi giorni di occupazione delle facoltà torinesi ho avuto purtroppo modo di udire con le mie orecchie il disastroso livello intellettivo e politico di tanti colleghi (non tutti, per fortuna, ma a salvarsi sono troppo pochi), incredibilmente ancora pieni di fiducia nelle balle propalate dai vendutissimi intellettuali da cortile che infestano ogni mezzo di comunicazione di massa, e arrogantemente immuni a qualsiasi tentativo di risvegliarli dal coma profondo in cui versano i loro cervelli.
Dal momento che credo fermamente nella sostanziale immutabilità della natura umana, mi viene da pensare che anche quando gli accademici si schieravano, un tempo, dalla parte giusta NON lo facevano in base a un'indagine autonoma, ricercando e verificando le fonti di informazione e analizzando i fatti per prendere posizione.
Semplicemente, ai tempi esisteva una pluralità di autorevoli testate giornalistiche o televisive che riportavano diversi punti di vista, tra i quali gli accademici potevano scegliere quello più logico e sensato.
Nella situazione attuale, dove questa pluralità non c'è, gli accademici mostrano tutti i loro limiti: primo tra tutti, un clamoroso conformismo. In quello che dovrebbe essere il luogo del pensiero critico, della ricerca, dell'analisi moltissimi colleghi hanno dato prova di una pressochè totale incapacità di pensare, ricercare e analizzare al di fuori del ristrettissimo campo in cui sono sicuramente competenti, accoppiata purtroppo a una perniciosa arroganza che fa credere loro di essere comunque dei grandi tuttologi che hanno sempre tutto da insegnare e mai nulla da ascoltare.
La cosa più drammatica per la società tutta è che il futuro corpo docente degli atenei viene scelto dal corpo docente attuale.. e purtroppo già cominciano a vedersi le conseguenze. A differenza di un tempo, ho constatato che troppo spesso le "nuove leve" dell'accademia (sgobbone, disciplinate, con vedute estremamente ristrette) sono addirittura più regressive e retrograde dei vecchi ordinari, caratterizzate da una quasi totale assenza di interessi al di fuori del loro campo di ricerca e, peggio, una manifesta incapacità di prendere in considerazione le esigenze e le peculiarità degli studenti cui fanno lezione.
La mia sensazione è che l'attuale accademia sia molto simile a quella del pre-'68, quando i professori si consideravano divinità insindacabili che magnanimamente elargivano perle a una platea di porci, ritenuti indegni di comprensione e ascolto. Il genocidio a Gaza sta avendo un effetto simile a quello che ebbe la guerra del Vietnam negli USA, ovvero smascherare una classe dirigente apparsa finora credibile solo perché ha sterilizzato ogni forma di pluralismo e di pensiero critico che possa metterla in difficoltà.
Le studenti che ho visto in azione in questi giorni (e che sono ancora in occupazione al Polito) hanno di fronte un compito immane: per salvarsi dal loro destino di ingranaggi docili in una macchina strutturata sul dominio del forte sul debole non bastano oculate scelte individuali, ma ci vuole una forza collettiva che abbia la forza di mettere in discussione l'intero sistema.
Loro lo hanno capito e hanno intrapreso il percorso con intelligenza e generosità commoventi; a noi resta il compito di dar loro tutta la fiducia e il sostegno di cui c'è bisogno per cambiare il mondo, consapevoli che l'alternativa a un rinascimento dell'umanità è nient'altro che la sua fine.
* Coordinatore Commissione Pace dell'Osservatorio
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