 |
Allora vacci, a Gaza
di
Rossella Ahmad
Qualche giorno fa, il 15 giugno per la precisione, ho trovato in rete un commento che mi ha accarezzato l'anima. Trovo che sia un ottimo modo per rispondere a tutti i deviati sostenitori del genocidio in corso, che, ad un certo punto del discorso, messi alle strette da una logica superiore, stringente ed incontrovertibile, tranciano qualsiasi interazione con la solita frase: "Se ti piace tanto, perché non vai a Gaza?".
Il Gazastan, così lo definiscono i manipolatori del discorso, tesi a raccattare consensi nel sottobosco dell'islamofobia. La quale frase è speculare a quella solita fascistoide di chi ti inviti a tornare in "Islamistan" allorché rettifichi le sconcezze in materia di Islam e musulmani e bla bla bla. Le menti che partoriscono idee del genere sono sempre le stesse, e quindi vale la pena conoscere il modo in cui gli spiriti elevati si approcciano ad esse.
E sul fatto che Craig Mokhiber sia uno spirito elevato non c'è dubbio.
Direttore dell’Ufficio di New York dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, si dimise dal suo incarico nello scorso mese di novembre, a genocidio appena iniziato. Di fronte allo tsunami di sangue che si levava dai campi profughi di Gaza, si tirò indietro con l'unica giustificazione possibile, la più sensata: abbiamo fallito nel nostro dovere di soddisfare gli imperativi di prevenzione delle atrocità di massa, di protezione dei vulnerabili e di responsabilità per i responsabili.
Di fronte ad un caso di genocidio da manuale, in cui il progetto coloniale europeo entra nella sua fase finale con la complicità dei governi occidentali, l'unica opzione è dire no. Il mondo guarda, osserva. Ci guarda e ci osserva. Le città ed i popoli si sono già espressi, i complici di questo fallimento epocale del diritto saranno giudicati severamente e dovranno un giorno rendere conto della loro posizione di fronte agli uomini ed alla storia.
Questo il succo della sua lettera di dimissioni presentata all'Alto Commissario Volker, a fine ottobre 2023.
A coloro che non si sono dissociati, ai conniventi, ai sostenitori ad oltranza dell'ultimo colonialismo strutturale di stanziamento ancora in circolazione, ai pavidi, a coloro che hanno raccontato una realtà mistificata di Gaza e del suo popolo per giustificare la pulizia etnica terminale della Palestina, dedico le ultime parole di Mokhiber, che rendono giustizia ad una comunità straordinaria, resistente ma umana, contro tutte le manipolazioni mediatiche , piccole e grandi, a cui abbiamo assistito ed ancora assistiamo:
"Ai troll sionisti che dicono che dovrei andare a Gaza come se fosse una maledizione: ci sono stato. A partire dal 1988, e molte volte. In realtà vi ho vissuto per 2 anni.
Anche sotto una brutale occupazione, era una delle società più meravigliose che io abbia mai sperimentato. Straordinariamente calda, profondamente morale, altamente istruita, sofisticata in maniera unica in filosofia e politica.
Una ricca cultura radicata nei secoli, nel legame con il territorio. La musica, la danza, il cibo, il senso esilarante dell'umorismo del popolo palestinese, il loro coraggio e la loro fermezza: tutto è profondamente impresso in me.
E sì, ritornerò in una Palestina libera, in cui sedermi sulla spiaggia di Gaza a bere tè dolce e fumare tabacco alla mela nel narghila, celebrando la fioritura di questa antica cultura sulla sua terra ancestrale. Quindi grazie per l'augurio".
VAI A TUTTE LE NOTIZIE SU GAZA
 
Dossier diritti
|
|