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Votare riduce il consenso apparente di chi vuol minare la Costituzione
di
Roberto Rizzardi
Meloni manifesta un certo nervosismo che si intensifica man mano che ci avviciniamo all'election day.
Evidentemente si sente meno sicura di quanto vuole apparire.
Nonostante infatti la suddetta manovri con scaltrezza, producendosi in conferenze senza contraddittorio e proclamando "verità" che dovrebbero affermarsi per pura e semplice ripetizione martellante, sempre senza diritto di replica, sembra evidente che tema il confronto elettorale in quanto banco di prova di un presunto favore definitivo e incrollabile, che sa benissimo essere una creatura di laboratorio, inadatta a sopravvivere fuori di un ambiente controllato.
La signora, come tutti gli scommettitori, sa che gli scivoloni sono questione di un attimo, e anche se non è l'assetto parlamentare nazionale ad essere rinnovato in queste elezioni, sa che il vento in poppa che rivendica è tutto tranne che realmente consistente e costante.
In fondo sarebbe sufficiente una sensibile riduzione dell'astensione che, fin qui, è risultata un problema solo per la sinistra, così male rappresentata nell'arco costituzionale, mentre la destra non fa altro che raccogliere il suo consenso, che è quello di una minoranza reale sotto steroidi per effetto appunto di quell'astensione.
Sarebbe fatale indulgere oltre nel pur giustificato atteggiamento rinunciatario che ha portato la metà del corpo elettorale a disertare le urne.
Nel 1924 il "nobile distacco" aventiniano non fece altro che spianare la strada ad un regime allora ancora incerto, con tutto quello che ne conseguì.
Rechiamoci dunque alle urne e votiamo quello che vogliamo, PD, M5S, Alleanza Verdi Sinistra, Pace Terra e Dignità, non ha reale importanza, ma votiamo.
Farlo significa ridimensionare il peso apparente di una forza geneticamente eversiva, far emergere la vasta parte del Paese che non concorda col disegno meloniano, la parte che, per quanto possa essere divisa, è pur sempre la maggioranza reale della Nazione. Bisogna vedere il bluff e dire che il re è nudo.
Non sono elezioni politiche, quindi non si incide direttamente sull'esecutivo, ma si ha l'opportunità di colpire la pretesa meloniana di aver fatto ori, carte e primiera, che è la base, l'unica ed illusoria, che la Meloni rivendica per portare la Repubblica nata dalla Resistenza che tanto detesta verso un porto cesarista ed autoritario.
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