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Ciascuno si mobiliti per Gaza
di
Gabriele Germani
Sono ormai mesi che chi segue la vicenda di Gaza e della Palestina in generale, è costretto a vedere immagini terrificanti.
Ieri sentivo la testimonianza di una bambina sopravvissuta all'incendio delle tende nell'accampamento profughi dell'altra sera.
Sono morte oltre quaranta persone bruciate vive. Quelle persone erano in una zona "sicura", su indicazione di Israele.
La striscia di Gaza non è una zona sicura, in quell'area non esistono zone sicure. Lo abbiamo visto nei ripetuti attacchi agli ospedali, nel bombardamento mirato delle zone adiacenti agli ospedali (dove spesso i civili si rifugiano pensando che siano zone sicure).
Giornalisti, medici, influencer vengono prese di mira, perché lo scopo è fiaccare ogni resistenza, ogni testimonianza.
Qualche settimana fa, l'ospedale indonesiano è stato abbandonato dai volontari internazionali, perché ritenuto non più sicuro. L'ennesimo ospedale chiuso o ridotto a compiti base, in una città di oltre un milione e mezzo di persone con scarsità di cibo, acqua, servizi igienici, medicinali, sotto bombardamenti e col rischio imminente di invasione.
La situazione è tale che anche molti Stati filoisraeliani hanno dovuto spendere qualche parola, pensate al Canada.
Bruciare vivi quarantacinque civili, tra cui bambini, nella notte, non è una roba che può passare inosservata alla comunità internazionale.
Vi risparmio il solito catalogo degli errori, sulla foto del bambino decapitato con commenti festanti dell'esercito israeliano sui social o del protocollo Annibale (di come Israele stia tentando di estirpare più rapidamente possibile la questione ostaggi per poi spianare Gaza), di come stiano arrestando con infiltrati anche i giovani ebrei ultraortodossi renitenti alla leva, di come in Cisgiordania i coloni (coperti dal governo israeliano e ahimè anche dai collaborazionisti) brucino auto, danneggino abitazioni private, impediscano ai bambini di andare a scuola, ecc.
Siamo oltre, quello che sta accadendo a Gaza è disumano e richiederebbe una più generale mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale.
Bene che oltre 27 milioni di persone abbiano deciso di condividere sui social #AllEyesonRafah, ma non basta. Alle manifestazioni nei giorni e nelle settimane eravamo pochi, troppo pochi per un genocidio in corso all'interno di uno Stato che pratica l'apartheid.
Non voglio dire che non basti, molte persone sono impossibilitate per vari motivi a partecipare alle manifestazioni, ma firmate ai banchetti che Associazione Schierarsi e Alessandro Di Battista stanno portando in giro per l'Italia per riconoscere lo stato di Palestina, scaricate l'elenco dei prodotti da boicottare dal BDS Italia, cambiate la spesa, parlate di quanto accade, organizzate un gruppo di quartiere, tutto serve.
Sono contento che 27 milioni di persone abbiano deciso di condividere in solidarietà con la Palestina, ora mi aspetto che 27 milioni di persone cambino passo e si affianchino a noi: che, chi più, chi meno, nel quotidiano lottiamo per una Palestina Libera, contro il genocidio e l'apartheid.
Sanitari per Gaza - Roma che sono tra i tanti che si danno da fare, ogni singola azione è importante, non rimaniamo sui social.
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