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Israele e Russia: il doppio standard olimpico
di
Aurora Gatti
Quando la Russia ha lanciato la sua “operazione militare speciale” in Ucraina, il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) impiegò solo quattro giorni per raccomandare il bando degli atleti provenienti dalla Russia.
La mossa del CIO è stata rapida quanto la clamorosa condanna del mondo occidentale nei confronti della Russia, e ha preso di mira anche la Bielorussia, alleato chiave di Mosca, consigliando agli organismi sportivi internazionali e agli organizzatori di eventi sportivi di non “invitare o consentire la partecipazione di atleti e funzionari russi e bielorussi alle competizioni internazionali”.
La decisione, ufficialmente, mirava a proteggere “l’integrità delle competizioni sportive globali e la sicurezza di tutti i partecipanti”, secondo una dichiarazione del comitato esecutivo del CIO in una dichiarazione del 28 febbraio 2022 perché il CIO afferma che “il Movimento Olimpico è unito nella sua missione di contribuire alla pace attraverso lo sport” e “si impegna a garantire competizioni giuste per tutti, senza alcuna discriminazione”.
Pertanto agli atleti russi e bielorussi è stato impedito loro di competere alle Olimpiadi sotto le bandiere dei loro paesi, designandoli invece come concorrenti neutrali e indipendenti – prima per le Olimpiadi invernali del 2022 e poi per le Olimpiadi invernali del 2023. I Giochi estivi inizieranno a Parigi questo luglio.
Dato il forte senso di giustizia e pace che il CIO ha professato nella sua dichiarazione su Russia e Bielorussia, molti in tutto il mondo si chiedono ora cosa intende fare nei confronti di Israele, che ha ucciso quasi 36.000 palestinesi mentre conduce una guerra catastroficamente mortale contro Gaza.
La risposta del comitato a questa domanda proveniente da più parti, almeno finora, è stata chiara: niente. E' evidente che “sembra essere in gioco un doppio standard”.
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