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A Gand bandiere palestinesi alle finestre (*)
di
Rossella Ahmad
Mi è venuta incontro con la bandiera della Palestina che sventolava di lontano. Non ancora entrata in città ed io già conquistata e stesa.
L'università in tumulto. Una delle prime a rompere legami di collaborazione con lo stato coloniale. Vittoria degli studenti, certo. E credo che i docenti non ne siano rimasti turbati, anzi.
Perché entri all'interno delle sue mura, intrise di storia, arte e magia e senti nell'aria il respiro dei popoli, tutti, che si uniscono in un insieme armonico, mai stridente, mai confuso, mai rancoroso. Siamo qui e, fintanto che siamo qui, siamo tutti uguali e tutti uniti, senza differenze. E abbasso il fascismo e il razzismo. Per essere ben chiari su dove si collochino questo luogo e la sua gente.
L'ho visto scritto dovunque, su stendardi, finestre, bandiere e graffiti. Nulla può esserci di più lontano dal sionismo e dalla sua psicopatia esclusivista, da riderci su per ere geologiche intere. Per questo ho voluto vedere con i miei occhi.
Ed In questo spicchio di grande nord ho trovato il calore, l'energia, la compassione di tutti i sud della terra, perché è proprio vero che gli stereotipi - che tutti nutriamo, chi più chi meno, chi per ignoranza chi per cattiveria - sono il veleno vero che ammorba la vita e incattivisce, inacidisce, rende brutti.
Cammino per una delle strade che più ho amato. Alzo gli occhi al cielo, io che non lo faccio quasi mai. Una finestra bianca, lunga e chiusa, da cui pende la bandiera a quattro colori, simbolo di tutte le resistenze e di tutte le libertà. La bandiera che tutti amiamo e portiamo nel cuore. Scatto una foto, forse due.
Richiamate dal filo di quell'energia che ci lega ormai tutti, due ragazze spalancano la finestra, distendono la bandiera che un colpo di vento ha arrotolato. Ci guardiamo, ci sorridiamo, ci baciamo con le mani reciprocamente. I miei occhi versano lacrime di gioia pura.
Che diventano un fiume in piena mentre mi specchio nella vetrina di un negozio già chiuso.
I versi più belli sono lì:
"Per poter scrivere poesie non politiche
Devo ascoltare gli uccelli
E per poter ascoltare gli uccelli
Devo far tacere gli aerei".
La chiamano Gent. O Gand. O Ghent. Io la chiamo meraviglia.
(*) Gand è una città belga.
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