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Israele non dà risposte sugli ostaggi. Pessimo segnale
di
Rossella Ahmad
La resistenza palestinese a Gaza ha emesso un comunicato in cui dichiara che non vi sono più contatti con i combattenti che custodivano un gruppo di almeno quattro ostaggi. E ciò fa supporre che presumibilmente siano periti tutti nel corso dei continui bombardamenti sulla striscia.
Faccio una premessa: da ottobre a ieri, sono stati numerosi i tentativi da parte di Hamas di trattare lo scambio e quindi il rilascio di tutti gli ostaggi nelle mani della resistenza. Tentativi tutti naufragati a causa del rifiuto di Israele di indulgere in trattative che prevedessero la fine immediata e duratura dei bombardamenti su Gaza ed il rilascio di migliaia di prigionieri che, da decenni, languono nelle carceri dell'occupazione. Un breve sunto di tutti i tentativi andati a vuoto nel primo commento.
Una luce sinistra, che si cumula con tutti gli altri sinistri ed ambigui comportamenti dello stato d'Israele da ancora prima della sua nascita ad oggi, avvolge la questione degli ostaggi. Ed è sempre più evidente che il loro rilascio non fosse e non sia l'obiettivo del governo sionista.
E conferma che ciò che Israele intendeva realizzare fosse la distruzione della striscia di Gaza e l'assassinio di quanti più palestinesi possibile. Rendere Gaza un deserto inabitabile. Spingere i superstiti verso una nuova Nakba. Creare le condizioni per la riconquista e l'annessione di tutti i territori occupati, di cui Gaza rappresenta il primo step.
Le uniche liberazioni verificatesi sono state per volontà dei movimenti di resistenza: per questioni umanitarie oppure a seguito di scambio con i prigionieri palestinesi, come concordato. Un solo ostaggio avrebbe potuto essere liberato da Israele in persona, ed è l'uomo che, agitando una bandiera bianca, tentò di essere salvato dai militari di occupazione e fu invece ucciso sul posto, senza pietà. Ciò avvenne un paio di mesi orsono.
E qui bisogna fare riferimento alla oramai famigerata Dottrina Annibale, teoria applicata da Israele da tempo immemorabile, secondo cui è meglio un proprio ostaggio morto che un proprio ostaggio nelle mani nemiche, utilizzabile come pedina di scambio. La storia degli ostaggi di Gaza lo conferma, basta ancora una volta unire i puntini come si deve.
A questo punto, se dovesse essere confermata la morte degli ostaggi a seguito dei bombardamenti, la palla passa ai cittadini dello stato coinvolto. Ai parenti inascoltati delle persone coinvolte, che da tempo facevano pressioni sul governo affinché accettasse di negoziarne il rilascio.
L'ultima manifestazione qualche giorno fa: a seguito del rifiuto del governo israeliano di siglare un accordo di cessate il fuoco che Hamas aveva accettato e che avrebbe consentito il rilascio di tutti i prigionieri - gli ostaggi israeliani e le migliaia di ostaggi palestinesi - avevano promesso di mettere a ferro e fuoco il paese, per oggettiva incapacità di salvaguardare la vita dei propri cittadini, sacrificati per la sopravvivenza politica del governo Netanyahu.
Il crollo verticale di tutti i principii del sionismo. La conclamata inutilità di questo progetto distopico.
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