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22 aprile 2024
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Israele metafora dell'Occidente
di Gabriele Germani

Lo stato israeliano è la metafora più generale di quanto sta accadendo a tutto l'Occidente?

La sensazione è che la nostra classe dirigente dopo decenni di invulnerabilità abbia sviluppato un'errata percezione del reale, tale da renderla in realtà incapace di guardare lo stato delle cose.

La situazione è aggravata dagli errori dispercettivi della popolazione, di quella che un tempo avremmo chiamato opinione pubblica. I cittadini occidentali tra l'annoiato e il sarcastico osservano su Youtube il degradarsi delle regole internazionali, il far morire di sete e fame i bambini di Gaza, il bombardamento di un edificio diplomatico, il continuare a inviare armi a uno Stato moribondo prolungando una guerra persa e le sofferenze della popolazione locale (questo si dovrebbe dire sull'Ucraina).

Così Gaza diventa in piccolo (o tragicamente in grande) lo specchio dei rapporti Nord-Sud globale degli ultimi secoli. Mentre noi festeggiavamo la nostra orgia consumista e pseudo-democratica (ma saldamente vigilata e militarizzata, alla faccia della presunta libertà), il resto del mondo subiva violenza, tortura, sradicamento, colonialismo, pregiudizi, razzismo, fame, sete.

I ragazzi israeliani che ballavano accanto alla disperazione siamo tutti noi, l'Europa balla accanto alla disperazione dell'Africa e del Medio Oriente.

Il diverso è ridotto ad "esotico" tra il gentile-seduttivo (se femminile) e il selvaggio-irritabile (se maschile). L'esercito israeliano non è stato da meno, rovistando tra le macerie per farsi le foto con i completi intimi delle donne di Gaza, deridendolo in pose sessualizzate. Buñuel vi avrebbe trovato le tracce del "fantasma della libertà" che alla fine ricompare sempre nei nostri gesti. Ragazzotti pieni di droga e con i simboli dell'emancipazione-conformismo giovanile occidentale sul corpo, deridono l'intimità di qualcuno, sentendo poi l'esigenza di mandarlo in rete. Ci si appropria di un corpo, di una storia, di un vissuto e tutto questo perché forse ci si proietta su qualcosa che non si potrà più tornare ad essere.

Potranno mai questi demoni lanciati dal governo israeliano tornare ad essere dei buoni padri e madri, dei buoni amici, dei buoni mariti e mogli, dei buoni figli, delle brave persone?

Le ragazze che ballavano e dicevano che godevano nell'uccidere i bambini di Gaza potranno guardare un giorno dei loro eventuali (non perché obbligatorio, ma perché possibile) figli? Il tipo che saltella sghignazzando sulla sedia mentre mangia il ghiacciolo e dice: "stiamo bombardando Gaza, sono emozionatissimo!", potrà mai più guardarsi allo specchio da lucido? Sono degli assassini miserabili.

Abbiamo sottovalutato per decenni la solidità e l'ereditarietà dei traumi; non parlo di cose metafisiche, ma di esposizione allo stress e dei danni che questo comporta per la salute umana.

Sappiamo tutti di cosa è stato vittima il popolo ebraico e sappiamo tutti i precedenti europei con il genocidio (dal Congo Belga fino alla Namibia tedesca).

Dobbiamo ripensare profondamente le radici dell'odio per poterlo estirpare e più ci penso e più mi viene da pensare che tutto coincida con quella volontà di potenza che spinse per i primi i portoghesi lungo le coste dell'Africa e poi a seguire tutti gli altri.

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