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16 aprile 2024
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Israele: poliziotti liberi di giustiziare, anzi protetti
di Alessandro Ferretti *

Venerdì scorso a Jaffa (in Israele) Jacob Toukhy, un arabo-israeliano di 50 anni, impiegato dell'agenzia americana USAID per gli aiuti umanitari, attivista per la convivenza civile tra arabi ed ebrei e da vent'anni volontario sulle ambulanze, è stato aggredito e poi giustiziato in mezzo alla strada con dieci colpi di pistola da un poliziotto fuori servizio che puzzava d'alcool e che l'aveva assalito per una questione di traffico.

Nel video dell'accaduto si vede il poliziotto (un uomo vestito di nero in ciabatte e pantaloncini corti) che picchia selvaggiamente Jacob, che indossa un casco. Alcune persone cercano di dividerli e il video li perde di vista, ma subito dopo si sentono prima quattro colpi di pistola, poi altri cinque, infine un altro colpo.

La cosa più sconvolgente non è però il pur agghiacciante omicidio, ma il comportamento della polizia intervenuta sul luogo, mostrato dal video.

Invece di disarmare, arrestare e ammanettare immediatamente l'assassino, i poliziotti israeliani non solo si dedicano alla sua protezione dalla folla inferocita che aveva assistito ai fatti, fornendogli un passamontagna per nascondere il viso, ma incredibilmente gli lasciano addirittura la pistola in mano, che l'assassino punta ripetutamente addosso a chi assiste e riprende la scena mentre un poliziotto è a meno di un metro di distanza da lui.

Non penso che sia anche solo immaginabile, in un paese anche minimamente civile, che una persona che ha appena ammazzato un uomo con dieci colpi di pistola e che puzza d'alcool non venga immediatamente disarmata e neutralizzata.

Tutto questo è spiegabile solo in un contesto in cui la polizia gode di fatto di uno status di privilegio extralegale e in cui la vittima fa parte di una comunità soggetta a razzismo ed esclusione: in una parola, uno stato in cui si pratica quotidianamente e strutturalmente l'apartheid.

* Coordinatore Commissione Pace dell'Osservatorio

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