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16 aprile 2024
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Aggressività di Israele è un boomerang
di David Cappellini

Israele è nato per proteggere gli ebrei, ma da come si sta comportando ne mette a rischio la sicurezza e l'incolumità in tutto il mondo.

L'aggressività militare con cui Netanyahu pensa di garantire la sicurezza dello stato ebraico in un'area del mondo abitata da popolazioni storicamente ostili ad Israele, finirà solo per allargare e prolungare il conflitto. Non è certo quello della deterrenza militare il modo per garantire la pace con gli stati arabi, ma al contrario crea tensioni e rivalse senza fine.

Israele è diventato elemento di ulteriore destabilizzazione per le mire espansionistiche della sua nuova classe dirigente, al momento in cui l' impero americano ha iniziato la sua progressiva decadenza. Venuto meno il controllo geopolitico degli Usa, hanno prevalso solo gli interessi dell'apparato industriale- militare che nei due paesi, per via della finanza ebraica, sono talmente legati da essere un tutt'uno.

In una fase storica molto confusa, in cui le nuove e le vecchie potenze economiche e militari cercano di stabilire un assetto a loro favorevole, si inseriscono anche le pretese geopolitiche dei satelliti e degli ex satelliti come Israele e l' Ucraina (e prossimamente toccherà a Taiwan in chiave anti cinese) che cercano di conquistarsi uno spazio tattico in aree strategiche.

Ovviamente si appoggiano agli Usa in difficoltà, pensando che la Russia ex sovietica con potentati economici in perenne scontro fra di loro e con Putin in lotta con le tante minoranze etniche e religiose alla periferia del vasto impero, sia fragile, mentre il mondo arabo eternamente diviso dal conflitto tra sciiti e sunniti, non abbia la forza per una risposta militare unitaria.

Oltre agli aspetti geopolitici esiste un' altra enorme concausa, che ha mutato la faccia del pianeta già prima del 1989, di cui stiamo osservando i primi effetti. È l' azione di recupero delle quote di profitto che il sistema capitalistico aveva concesso tra il 1929 e la fine degli anni 70 la cui socializzazione aveva consentito lo sviluppo in occidente, ma progressivamente anche altrove, di modelli di stato sociale anche avanzatissimi, oltre alla conferma dei diritti del lavoro.

Dai primi anni ottanta del secolo scorso, è iniziato il progressivo drenaggio di queste quote, con la demonizzazione dell' inflazione e del debito pubblico. Ne è conseguito un accentramento della ricchezza e il consolidamento di vari gruppi di potere, i cui interessi sono diventati ulteriormente preminenti.

È il caso dei colossi bancari, che si salvano dalle loro spericolate speculazioni con i soldi pubblici e moltiplicano i loro profitti con i rialzi dei tassi, senza che a livello politico e fiscale nessuno prenda provvedimenti o di quelli farmaceutici che fanno utili mirabolanti nella pandemia, mentre la ricerca è tutta o quasi a spese degli stati.

Non ultima, l'industria delle armi, legata più che mai ad apparati pubblici, finanziata da questi con spudorate richieste di aumenti delle quote di pil da destinare al riarmo e che passa come necessaria nell' immaginario di una parte dell' opinione pubblica manipolata, ma che ha l'esigenza di guerre più o meno estese e più o meno durature. In quest' ottica globale, trovo assai difficile che si arrivi a soluzioni pacifiche di problemi annosi e complicati e affidarsi al buon senso di queste persone, che da decenni dimostrano di non averlo, è da sprovveduti.

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