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15 aprile 2024
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L'angelo di Belsen
di Rinaldo Battaglia *

La giovane mamma Luba, in quanto ebrea, nel gennaio 1943 venne deportata a 28 anni ad Auschwitz dalla sua Kaments-Litovsk, vicino a Brest-Litovsk (ora Bielorussia) assieme al marito Hersch Tryszynska e il piccolo figlio Isaac, di soli tre anni. Dei tre – senza una logica o motivi particolari – fu l’unica a salvarsi.

In una delle famigerate selezioni di Auschwitz, suo figlio le fu strappato e gettato su un camion diretto alle camere a gas. Suo marito venne invece assegnato a lavorare come falegname, ma in seguito venne fucilato. In vista dell’arrivo dell’Armata Rossa venne, poi, trasferita nel lager di Bergen Belsen a fine novembre ’44. Nel lager dove morì anche Anna Frank, nascondendo (col piccolo triangolo) il numero di identificazione tatuato sul braccio sinistro, riuscì a spacciarsi per una donna russa 'non ebrea' e ad esser inserita così in una baracca per infermiere del campo.

Lì, una notte gelida verso meta’ dicembre 1944, fuori dalla baracca dove assieme alle altre deportate dormiva, sull’entrata, trovarono alcuni bambini quasi tutti sotto l’anno di vita, figli di donne olandesi, probabilmente uccise o morte per la fame o di stenti in quei giorni. Le venne spiegato dalle altre prigioniere che erano ebrei olandesi originari secoli prima dalla città di Anversa, specializzata soprattutto nella lavorazione e commercio di diamanti, tanto da esser genericamente chiamati ‘ebrei diamante’.

Strada facendo, Luba amò molto quel nome e chiamò così – indipendentemente dalle origini – tutti come ‘bambini diamante’ perchè li considerò un regalo prezioso giunto da Dio, affinchè ridasse un senso alla sua vita, ingiustamente così punita fino ad allora. E come dei diamanti li trattò sin da quella fredda notte.

Dapprima chiuse aiuto ad una sua compagna di sventura, Hermina Krantz, una giovane donna ebrea slovacca, anch'essa trasferita da Auschwitz. Poi, miracolosamente, riuscì a convincere ed ottenere il permesso per ‘tenerseli’ da parte del medico del lager, il dottor Fritz Klein appena giunto da Auschwitz (un grande criminale di guerra, poi condannato a morte e impiccato nella prigione di Hamelin il 13 dicembre 1945), e da alcuni anonimi ufficiali e guardie delle SS. Caso più unico che raro. In altre volte all’interno dei lager fu accertato che più di qualche nazista abbia aiutato e salvato degli ebrei destinati a morte certa. Ma di rado in un numero così elevato e contemporaneamente.

In breve i ‘bambini diamante’ arrivarono ad un centinaio e tra questi anche bambini un po’ più grandicelli. Il più anziano aveva 12 anni. Le venne assegnata una nuova baracca che diventò presto una speciale ed abusiva "casa dei bambini" (Kinderbaracke) con tre sezioni, affinché i bambini ebrei fossero assieme tra connazionali e si sentissero un po’ in famiglia tra di loro: un gruppo per quelli provenienti rispettivamente dall'Olanda, un gruppo dalla Slovacchia, il terzo dalla Polonia e Russia. Strada facendo arrivò anche un angolo dedicato ai bambini che dovevano ancora nascere e dove le future mamme si sentivano almeno un po’ aiutate e confortate. Il tutto pur essendo all’interno di uno dei peggiori lager mai esistiti, quello di Bergen Belsen, quello dove trovò appunto la morte anche Anna Frank.

Con Hermina si divisero i compiti: lei Luba si occupava delle forniture. Girava tutto il giorno nel lager tra i disperati per chiedere provviste. E più di qualcuno dava una parte di quel poco che aveva. Era oramai conosciuta come "l'Angelo di Belsen" e difficilmente si poteva non darle una mano. Ma era dalle guardie che si poteva ottenere di più. E Luba sapeva dove andare e da quali guardie delle criminali S.S. rivolgersi. Sapeva distinguere e capire chi era un uomo e chi una bestia. E così – magari di nascosto, magari sottobanco – riceveva legna, pane e occasionalmente latte. Talvolta da una guardia all’insaputa di quella vicino, che faceva altrettanto senza farsi notare.

Hermina era invece la ‘direttrice’: lavava i pavimenti, lavava i bambini, cucinava quel che riceveva e dava loro da mangiare in modo equo. Arrivarono persino a dare delle regole all’interno della Kinderbaracke. Come si fosse un’asilo, non in un lager nazista tra la morte e la fame. Si stabilirono, ad esempio, degli orari regolari con pasti alle 7:00, 13:00 e 19:00.

Nel gennaio ’45 il il tifo iniziò a devastare anche il campo: Hermina come una brava mamma cercò di ‘bollire’ la biancheria dei bambini, limitando così solo ad una trentina quelli che vennero contagiati. Ma senza poi gravi conseguenze. Ma soprattutto le due ‘mamme’, i due 'angeli di Belsen' cercarono di isolare i bambini, quasi tutti orfani, più che dal virus del tifo dal virus dell’odio nazista. E anche questo, in termini di contagiosità, non era da meno. Il 15 aprile 1945 – 79 anni fa - gli inglesi e i canadesi della 11ª Divisione Corazzata dell'esercito britannico sotto il comando di Bernard Montgomery liberarono il lager. Trovarono così 94 'bambini diamante'.

E finchè non furono destinati altrove vennero curati, ora sotto la direzione britannica, ancora da Luba quale direttrice della ‘nuova casa dei bambini’ e da Hermina quale capocuoca. Successivamente, a guerra finita, a Luba fu dato il permesso di accompagnare i 64 bambini olandesi in alcuni istituti dedicati all’infanzia in Olanda e gli altri 30 in Svezia, dove furono adottati da famiglie svedesi e finlandesi. In Svezia, Luba incontrò un altro ebreo, sopravvissuto ad Auschwitz, Sol Frederich. Si sposarono ed avendo Sol dei parenti fuggiti prima della Shoah negli Usa, stabilmente si trasferirono a Miami. Hanno poi avuto due figli. Molti anni dopo alcuni dei ‘bambini diamante’- divenuti ora uomini e donne - vollero cercare il loro angelo salvatore. Nel 50° anniversario della liberazione di Bergen-Belsen – 29 anni fa come oggi - 31 di questi ‘ex-bambini diamante’ si riunirono ad Amsterdam per onorare Luba Tryszynska. Luba è stata così, nel 1995, finalmente onorata anche dalla regina d'Olanda e dal sindaco di Amsterdam. Anche di recente un libro per bambini di Michelle R. McCann su “Luba, l'angelo di Belsen” ha vinto numerosi premi, tra cui un National Jewish Book Award. "Ho dato loro il mio amore perché avevo perso mio figlio", disse quel giorno Luba.

Uno dei bambini era Jack Rodriguez, allora 64enne, di Los Angeles. "Luba ha riempito il nostro vuoto, e se non l'avesse fatto, ci avrebbero di certo uccisi." Le sue parole di ringraziamento quel giorno. Fabrizio De André in una nota canzone, in versi di pura poesia, diceva che: " Dai diamanti non nasce niente Dal letame nascono i fior."

Non solo, talvolta anche dal letame i 'diamanti' si possono salvare. Ma bisogna prima saper riconoscere le persone e non fermarsi alle apparenze delle divise. Non è la divisa che fa l’uomo; la divisa è solo un capo di abbigliamento. Ma servono anche degli 'angeli' che permettano di esaltarne le differenze. A Bergen Belsen questo è avvenuto. 15 aprile 2024 - 29 anni dopo - Rinaldo Battaglia

14 aprile 2024 – 134 anni dopo la sua nascita * Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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