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Il suo nome era Tom
di
Rossella Ahmad
Quel giorno indossava un giubbotto fosforescente, esattamente come Rachel.
E come Rachel era in Palestina per proteggere, aiutare, sostenere. Credeva nella giustizia, nella possibilità che il bene trionfasse sul male infine, ed aveva improntato la sua giovane esistenza al perseguimento di un obiettivo nobile, che desse un senso al suo essere vivo in quel determinato momento.
La morte di Rachel, spazzata via dalle pale di acciaio di un Caterpillar, aveva reso chiaro che nessuno poteva sentirsi al sicuro in Palestina e che il colore fosforescente di un giubbotto, giallo-sole come la luce di Gaza, ti rendeva semmai un obiettivo più riconoscibile, più visibile.
Nondimeno, quell'11 di aprile del 2003, un mese appena dopo l'assassinio di Rachel, indossò il giubbotto da internazionale e corse incontro al suo destino, travestito da militare di occupazione. Un paio di bambini giocavano su cumuli di detriti quando il cecchino indirizzò il suo fucile di precisione verso di loro e cominciò a fare fuoco.
Istintivamente, il giovane col giubbotto da internazionale si frappose tra gli spari ed i bimbi. Gli scudi umani in Palestina. Non pensò a nulla, in quel momento. Solo alla cosa più naturale del mondo, proteggere i piccoli, gli indifesi. Ciò che distingue un essere umano da un mostro.
Un proiettile lo colpì al cranio e cadde nel suo stesso sangue. Clinicamente morto, in stato vegetativo da quel giorno, lasciò questa terra dopo nove mesi di agonia.
"Cosa voglio da questa vita? Ciò che ti rende felice non è abbastanza. Tutte le cose che soddisfano i nostri istinti soddisfano solo l'animale che è in noi. Voglio essere orgoglioso di me stesso. Voglio di più. Voglio guardare me stesso e quando morirò, voglio sorridere per le cose che ho fatto, non piangere per le cose che non ho fatto".
Il luogo era Rafah, lui aveva 22 anni ed il suo nome era Tom Hurndall
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