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30 marzo 2024
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In Palestina giornata della terra
di Rossella Ahmad

Il 30 marzo è la Giornata della Terra in Palestina. In tutti i territori occupati, fino all'anno scorso, era un giornata di mobilitazione per ricordare il legame inestinguibile tra i palestinesi e la loro terra ancestrale e per ribadire il più sacro dei diritti, quello, inalienabile, al ritorno.

La commemorazione ha origine, come al solito, da un massacro. Il 30 marzo 1976 la polizia israeliana fece fuoco su un pacifico corteo di palestinesi israeliani - i palestinesi cioè rimasti all'interno del territorio che sarebbe diventato Israele - che protestavano contro la giudaizzazione forzata della Galilea, attuata mediante leggi inique di confisca ed espropriazione delle terre palestinesi a favore degli insediamenti colonici. La protesta si estese a tutti i villaggi della Galilea, causando sei morti e centinaia di feriti, caduti sotto il fuoco della polizia sionista.

Dal 2018 questa ricorrenza si lega anche alla Grande Marcia del Ritorno, le manifestazioni pacifiche che ogni venerdì dal marzo 2018 al dicembre 2019 videro migliaia di gazawi marciare nell'area a ridosso del confine con Israele per invocare il diritto al ritorno nelle loro terre, per protestare contro il blocco terrestre, aereo e marittimo della striscia di Gaza e per reagire alla decisione unilaterale degli Stati Uniti di spostare la propria rappresentanza diplomatica a Gerusalemme.

Il risultato della pacifica Marcia del Ritorno, che vide per la prima volta la partecipazione anche dei gruppi militanti - Hamas in particolare dichiarò la propria adesione incondizionata al movimento pacifico di protesta - fu drammatico: oltre 200 manifestanti furono uccisi, migliaia i feriti. Tra essi personale sanitario, giornalisti e bambini. Li ricordiamo tutti, i loro volti sono impressi nella nostra memoria.

Il 30 marzo rappresenta un evento importante nella narrativa collettiva palestinese, che enfatizza la resistenza, il sumud, contro la conquista e la dominazione dello spazio che resta parte integrante del progetto sionista di colonizzazione ed insediamento, oggi più che mai in accelerazione stupefacente.

Ha un senso celebrare oggi la Giornata della terra, di fronte al genocidio di Gaza, all'arcipelago di aree senza contiguità e senza sovranità della Cisgiordania, al furto spudorato delle terre palestinesi, ad un sistema di apartheid ormai fuori controllo nelle aree occupate ed all'interno di Israele, in cui la popolazione autoctona è relegata in aree sempre più anguste, di fronte al silenzio della comunità internazionale?

Sì, ha un senso. Perché la narrativa palestinese si nutre anche di simboli, e perché il popolo palestinese ha dimostrato, negli anni, di voler resistere al progetto di conquista coloniale non importa quale sia il prezzo da pagare.

Come essi stessi dicono, "ogni giorno è la Giornata della terra, il giorno per resistere e ricordare". E continueranno a resistere: come l'olivo millenario, come i cespugli di za'atar, come i gentili fiori che continuano a spuntare su una terra insanguinata e come il sabr, il fico d'India che, dopo centinaia d'anni, continua a pungere ed a fornire i frutti più dolci

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