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28 marzo 2024
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Io non sono ancora finito
di Rinaldo Battaglia *

Il 28 marzo ‘44, nel ferrarese avvenne l’eccidio di Goro, ricordato come quello della ‘macchinina’. Due giorni prima era stati uccisi due fascisti repubblichini di Salò (Aldo Tagliati e Soldino Viviani) poco lontano, a Longastrino. La rappresaglia fu immediata. Tre operai della locale Società Elettrica, considerati da tempo antifascisti, vennero presi nei loro letti mentre dormivano e strappati dalle famiglie, da un gruppo della G.N.R. ‘M. Giorgi’ – chiamati in zona ‘i Tupin’ – alquanto autonomo e violento e agli ordini di Carlo Tortonesi. I tre operai (Ernesto Alberghini, Augusto Mazzoni, Narciso Visser) picchiati a sangue, furono portati a Mesola, dove i fascisti incontrarono un altro loro gruppo che aveva analogo incarico a Jolanda di Savoia (sempre vicino a Ferrara, a quel tempo chiamata ‘Le Venezie’).

Anche lì quattro condannati senza processo: il parroco del paese Don Pietro Rizzo di simpatie partigiane, i partigiani Luigi Cavicchini e Arrigo Luppi, e l’ing. Cesare Nurizzo, persona molto stimata in zona e colpevole di aver tempo prima rifiutato la nomina a ‘podestà’ offertagli dal fascio. I sette vennero portati a Goro sulla riva del Po, schierati per essere subito fucilati, vicino al luogo dov’era una macchina idrovora, da cui il nome dell’eccidio. Alcuni ‘Tupin’ - forse meno fascisti ‘dentro’ di quanto si mostravano per ‘fuori’ – designati per il plotone di esecuzione si rifiutarono di sparare, dopo le vibranti proteste dell’ing. Nurizzo per il mancato processo. Il capo del plotone, Umberto De Sisti - questo sì fascista dentro e fascista fuori – non ci pensò due volte. Prese la pistola e sparò verso l’ingegnere, che riuscì - non si sa come - a schivare il colpo, buttandosi in acqua. De Sisti iniziò per reazione a sparare verso tutti gli altri e più volte verso Don Pietro, che sebbene fortemente sanguinante ebbe la forza di gridargli. ‘Io non sono ancora finito’.

'Io non sono ancora finito': sembrava quasi la sintesi dell'Italia di allora, sofferente ma vogliosa di riscatto dopo gli anni criminali della dittatura fascista di Mussolini. Anche Visser, solo lievemente ferito, buttandosi nel Po, riuscì a salvarsi e poi con l’ing. Nurizzo a testimoniare. A guerra finita De Sisti sarà condannato nel ‘46 a 30 anni, anche per altre gesta in zona, ma beneficerà di varie amnistie e condoni e già nel 1959 verrà liberato. Carlo Tortonesi, ferrarese, eroe con croce di guerra prima dell’8 settembre in Grecia, fascista convinto dopo, con provate molte azioni di collaborazionismo coi nazisti, venne condannato a morte, il 17 aprile ‘47 dal Tribunale di Ferrara, mediante fucilazione alla schiena. La pena verrà tramutata in ergastolo, poi in soli 30 anni di galera, poi 19 anni, poi 10 anni. Oltre non si ebbe il pudore di andare.

E ancora oggi c’ è chi vuol mischiare fascisti e antifascisti, confondere aggressori ed aggrediti, chi lottava per la libertà e chi ad essa si opponeva….….. C'è chi è morto per la 'Liberazione' e chi ringraziava nel 2021 il Covid per averci così 'risparmiato dalla retorica del 25 Aprile'. C'è chi cerca a Roma ancora oggi 'matrici' e non le trova.

Chi nell'80° Anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine non ha il coraggio storico di dire che in quel crimine vi era l'apporto attivo anche dei fascisti di Mussolini. Chissà...servirebbe solo meglio conoscere la Storia o forse solo approfondire cos’è stato e cos’è il fascismo. E poi scegliere da che parte stare.

E avere l'onestà intellettuale di dire come si è manifestato, affinchè i nostri figli sappiano riconoscerlo, senza dimenticare nomi e colpe. Un giorno fu chiesto a Marlene Dietrich perché fosse anti-fascista. E a me è sempre piaciuta la sua immediata e semplice risposta: ‘Per decenza’. Solo per decenza’. Solo per decenza, che altro?

28 marzo 2024 – 80 anni dopo - liberamente tratto dal mio ‘La colpa di esser minoranza’ - ed. AliRibelli – 2020

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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