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26 marzo 2024
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Fascismo: i 15 martiri di Ginny
di Rinaldo Battaglia *

Una delle regole infrante dal duo del Male ‘Hitler & Mussolini ‘, con le invasioni della Seconda Guerra Mondiale, fu il 'non rispettare' le regole militari, finora vigenti.

Prima di loro, la guerra era anche rispetto del nemico: prima era 'uomo', dopo 'soldato' da uccidere. Prima si dichiarava guerra con tanto di avviso, per quanto inaccettabile fosse, poi lo si attaccava a morte. Esisteva un codice d’onore, una dignità morale oltreché militare. Così avvenne il 28 luglio 1914 prima che l‘Austria attaccasse la Serbia. Così poi fecero Germania e di conseguenza Inghilterra, Russia e Francia. Con l’invasione della Polonia nel ’39 e poi quella della Jugoslavia e URSS del ’41 tutto cambiò: il nemico non meritava alcun rispetto: era razza inferiore. Erano questi i capo-saldi della criminale visione fascista e nazista.

E inevitabilmente, se la scuola era questa, durante la guerra saranno molteplici le azioni che faranno a pugni col rispetto delle regole, soprattutto quelle su cui si basava l’allora ‘ordine mondiale’: le convenzioni internazionali, peraltro accettate a suo tempo sia dalla Germania che dall’Italia (Convenzione dell'Aia del 1907 e Convenzione di Ginevra del 1929).

Oggi è il 26 marzo e resto ancora particolarmente offeso – da uomo e da appassionato di Storia – delle ultime dichiarazioni del premier Meloni nel corso della Ricorrenza dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine, il "terribile massacro perpetrato dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia dell’attacco partigiano di via Rasella". Nel 2023 aveva detto che i 335 martiri erano stati uccisi perché erano 'italiani'. Nel 2024 accusa del crimine solo i nazisti invasori. Nessuna parola sui soci, alleati e colleghi fascisti ‘nazionali’ il cui apporto nell'eccidio fu storicamente determinante (la X Mas Barbarigo, i fascisti di Piero Caruso e di Guido Buffarini Guidi, i banditi di Piero Koch, uomo usato dal Duce per le azioni sporche del suo regime). Tutti elementi ‘dimenticati’ nella sua ‘narrazione’ dal Premier. Elettoralmente non le conviene. Non riesce forse neanche sotto tortura a citare per nome Benito Mussolini. Grave handicap per un Premier a mio personale avviso. Grave handicap, gravissimo.

Oggi è il 26 marzo e il mio calendario storico ricorda una vicenda di sangue, avvenuta nella nostra terra e in cui quel codice d’onore venne preso a calci. Ed è – così il premier Meloni sarà soddisfatta e non le servirà narrare in modo diverso la Storia – una vicenda in cui i fascisti italiani risultarono fuori dai giochi. Sempre in tutti i crimini nazisti commessi in Italia esiste la presenza, più o meno attiva, dei soci ed alleati fascisti del Duce. Qui no. Il crimine, il mancato rispetto delle regole d’onore è totalmente nazista.

È passata alla Storia come ’l’Operazione Ginny’. Precisamente Ginny 2.

Fu una missione americana che ripeteva una precedente, (Ginny 1, tentata nella notte tra il 27 ed il 28 febbraio 1944), analoga e fallita, operazione di sabotaggio da parte dallo Office of Strategic Services (O.S.S.) cioè, la futura CIA. L'obiettivo era di far saltare in aria un tunnel ferroviario nella linea Genova – Pisa, all'altezza di Framura, in modo da interrompere le comunicazioni tra la Germania e le forze tedesche impegnate, in quel periodo, negli aspri combattimenti di Cassino. Per quest’operazione sul suolo italiano gli alleati scelsero, tra i loro uomini, soldati quasi tutti di origine italiana. Facevano parte dell’US Army OSS 2677 Special Reconnaissance Regiment (Company D).

Ma anche questa missione – alquanto rischiosa – fu un fallimento. Il 22 marzo 1944 avvenne un nuovo sbarco, che tuttavia si rivelò nuovamente lontano dal punto prestabilito e così, il 24 marzo, 15 militari USA vennero scoperti e, dopo un breve conflitto a fuoco, catturati dai militari tedeschi del col. Kurt Almers, comandante della 135ª Brigata da Fortezza e – in questa fase sì – anche da camerati di Salò. Ma sono le fasi successive in cui non risultarono (e ancora oggi non risultano) presenze di nostri connazionali.

I militari USA, presi prigionieri, vennero subito trasferiti alla Spezia, interrogati forse anche usando loro violenza. Immediatamente il col. Kurt Almers informò della cattura il suo superiore, gen. Anton Dostler del LXXV Corpo d'Armata e questi come da prassi il comandante supremo tedesco in Italia, il feldmaresciallo Albert Konrad Kesselring.

Il giorno dopo, questi, come era solito fare, dette ordine di fucilarli. Disse che operava sulla base dell'ordine del Fuhrer, molto chiaro quando si trattava di soldati nemici catturati dietro le linee, nonostante vestissero uniformi militari e non fossero quindi spie o altro. Sembra che il col. Kurt Almers avesse comunque tentato il 25 marzo più volte di far annullare da Dostler l'ordine di esecuzione, proprio nel rispetto delle convenzioni di guerra. Ma nulla da fare. I militari americani vennero quindi portati in località Punta Bianca (Comune di Ameglia) il 26 marzo 1944 e fucilati. Sembra alla presenza della popolazione. I loro corpi saranno poi sepolti in una località isolata dello stesso comune.

Dei 15 uccisi ben 13 erano di origine italiana e 2 persino nati sul nostro territorio. Uomini che si sono sacrificati per la nostra libertà, combattendo contro nazisti ed altri italiani: Vincent Russo, Paul J. Traficante, Alfred L. De Flumeri, Liberty J. Tremonte, Joseph M. Farrell, Salvatore Di Sclafani, Angelo Sirico. Thomas N. Savino, John J. Leone, Joseph A. Libardi, Livio Visceli, Dominick Mauro, Joseph Noia, Rosario Squatrito, Santoro Calcara. I loro cognomi parlano chiaro.

A guerra finita, il generale nazista Dostler si arrese agli alleati il 2 maggio 1945, a Brescia, e venne arrestato il giorno 8 dello stesso mese. Condotto di fronte ad un tribunale militare americano, venne sottoposto a processo nella Reggia di Caserta (iniziato subito già l'8 ottobre 1945), per crimini di guerra (uccisione di prigionieri) e condannato a morte. La sentenza venne eseguita ad Aversa il 1° dicembre 1945. Non fu invece possibile dimostrare con prove certe la responsabilità di Kesselring nell'accaduto.

Il 6 maggio 1947, comunque, la Corte militare britannica ugualmente lo condannò a morte mediante fucilazione, giudicandolo colpevole di altre imputazioni, ma molti intervennero a sua difesa. Il generale britannico Harold Alexander, conosciuta la sentenza, in una lettera dell'8 maggio al Primo ministro Clement Attlee scrisse: "Sono spiacente per la sentenza inflitta a Kesselring e spero che venga commutata".

Il 29 giugno successivo, anche su sollecito di Winston Churchill, che riteneva non "essere di nessuna utilità uccidere i leader di un nemico sconfitto" la condanna fu commutata nel carcere a vita. Infatti, il generale John Harding aveva deciso di valutare alcune circostanze attenuanti, che non erano state prese in considerazione dal Tribunale di Venezia. Il prigioniero fu quindi recluso nel carcere di Werl, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, una prigione allora impiegata dalle autorità di occupazione alleate per ospitare numerosi politici e militari condannati per crimini di guerra. Nel 1948 la pena gli sarà ridotta a ventuno anni di carcere e già nel 1952 Kesselring uscirà di galera.

Solito film, solito copione: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Anche se fosse la propria, unica vita. Il 26 marzo 1944, 13 ‘italiani’, soldati americani, vennero fucilati senza rispettare le regole di guerra - che prevedevano 'non' la fucilazione quando ci si arrendeva al nemico - lottando per liberare il nostro paese dal nazifascismo, dopo 20 anni di dittatura e, allora, 4 anni di guerra. Quelli erano i nemici: il nazismo di Hitler ed il fascismo di Mussolini.

Per curiosità mi piacerebbe sapere come la premier Meloni racconterebbe questa vicenda, che tipo di narrazione userebbe. La Storia non la scrivono i vincitori e ovviamente nemmeno i vinti: ma - almeno nell'ultimo secolo - i documenti. Il resto è politica, qualcuno dice propaganda, io forse solo spazzatura.

26 marzo 2024 – 80 anni dopo

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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