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25 marzo 2024
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Ad personam: 20000 euro al mese a Brunetta, che bocciò il salario minimo
di Armando Reggio

Una legge del 2012 - era in carica il governo Monti - impedisce a chi percepisca una pensione di esercitare incarichi retribuiti nella pubblica amministrazione.

È il caso di Renato Brunetta, nominato dal governo Meloni presidente del Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL), organo di rango costituzionale, da anni considerato 'ente inutile', che il referendum renziano del 2016 intendeva abrogare.

L'unica norma opportunamente considerata da quel referendum: troppo poco, tanto che lo bocciammo nel 60% alle urne. E bene fu: era un tentativo di attentare allo spirito della nostra Costituzione repubblicana, come ancora più radicalmente oggi vuole la cosiddetta riforma 'del 'premierato' dell'estrema destra.

La deroga alla legge del 2012 è prevista dal quarto decreto PNRR in esame alla Camera, che recita “ai fini della nomina del Presidente e dei componenti del Cnel" non trovino applicazione "le limitazioni previste dall’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012“. Il CNEL è così autorizzato ad assumere due dirigenti (con lo stipendio l'uno di 250.000 e l'altro di 156.000 euro lordi l’anno), otto funzionari e sette assistenti per "potenziare" l’Archivio dei contratti collettivi nazionali.

Lo stipendio riservato al fido Brunetta potrà ammontare a 240mila euro (20.000 mensili lordi), la soglia massima prevista per gli incarichi nella pubblica amministrazione.

'Regalini', di cui la Meloni è prodiga: lo attestano la proposta in favore del 76enne Gian Carlo Blangiardo all'ISTAT e del boiardo Pietro Ciucci alla società 'Stretto di Messina'.

Ne riferisce 'La Stampa': tutti gli oneri che derivano dall’articolo 10 – 338mila euro per il 2024 e 1,17 milioni l’anno dal 2025 – dovranno essere sostenuti dal CNEL “nei limiti dei trasferimenti annualmente assegnati”, pari a 7,1 milioni l’anno. Senza ulteriori oneri per lo Stato, dunque!

Ma va ricordato che Brunetta è stato determinante - formalmente, certo - nella bocciatura del salario minimo: ipocritamente, infatti, la Meloni aveva provato a essere indipendente nel giudizio, riservando il parere istituzionale al CNEL. Già: Brunetta ben sapeva che il salario minimo è inviso alla maggioranza meloniana. Avrebbe potuto mai tradirla?!

Dalle opposizioni, puntuali si levano moti di sdegno. Francesco Silvestri, capogruppo del M5S alla Camera, lo definisce “stipendio di casta”, argomentando "Bella ricompensa per colui che, mesi fa, ha affossato le aspettative di milioni di cittadini sottopagati e con salari da fame. Non c’è che dire, dopo il ritorno dei vitalizi ora Giorgia Meloni lancia un altro bel messaggio al Paese”.

E Nicola Fratoianni, segretario e deputato di 'Sinistra Italiana', aggiunge: “Oggi comprendiamo quale utilità abbia avuto il CNEL: non è riuscito a risolvere il problema degli stipendi bassi dei lavoratori, ma certamente ha dato uno stipendio a Brunetta. Ora siamo tutti più sollevati”.


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