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15 marzo 2024
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Lettera aperta a Liliana Segre da parte di Najat
di Giuseppe Salamone *

Pubblico la lettera aperta a Liliana Segre di Najat , figlia di un padre e una madre Palestinesi vittime della Nakba del 1948 e rifugiati in Siria.

Una lettera commovente:

"Signora Liliana Segre,

Lei è turbata perché si usa la parola "Genocidio" per il Massacro a Gaza, come se questa parola fosse un privilegio, un distintivo d'onore o addirittura un'esclusività.

Mi creda, noi Palestinesi non vi abbiamo rubato la parola tantomeno vogliamo farlo. Semmai sono stati quelli che lei conosce bene che l'hanno cucita su misura del nostro corpo, della nostra fermezza e della nostra adesione alla nostra terra.

Vorrei dirle che non siamo contenti di questa parola, ma come può vedere anche lei, le lettere di questa parola sono intrise del nostro sangue, delle nostre lacrime e del nostro dolore!

In questa parola si sente l'eco dell'esplosione delle case, degli ospedali, delle chiese, delle moschee mentre siamo condannati a sentire financo le risate dei soldati israeliani quando bombardano indiscriminatamente e poi festeggiano come se per loro fosse un gioco.

Riprenda indietro la parola "Genocidio" cara Signora, a patto che ci restituisca oltre 30.000 anime. Riprenda questa parola e ci ridia Hind, la bambina di soli 7 anni che il mondo intero ha sentito piangere in macchina per giorni, circondata dai cadaveri dei suoi familiari e dai carri armati israeliani.

La riprenda e ci ridia Yazan, 6 anni, morto per malnutrizione perché Israele blocca l'accesso degli aiuti umanitari. La riprenda e ci ridia Mohammed, 16 anni, bruciato vivo. La riprenda e ci ridia Mustafa, 14 anni, ucciso mentre andava a scuola!! La riprenda e ci ridia Rami, 13 anni, che stava festeggiando il Ramadan con fuochi d'artificio. La riprenda e ci ridia Ahmed, 8 anni, morto solo perché reclamava un sacco di farina. La riprenda e ci ridia i membri dei nostri figli, i loro occhi, le loro braccia, le loro gambe e anche il loro spensierato sorriso.

E noi, cara Segre, promettiamo che non useremo mai più la parola "Genocidio" nel nostro linguaggio.

Se c'è una cosa che più di tutte vorremmo, è non dover usare questa dannata parola. Semplicemente perché siamo un popolo che ama la vita e merita la vita..."

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