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Israele: rapporto, medici autorizzati a torturare i pazienti palestinesi
di
Paolo Mossetti
Sta facendo il giro del mondo un rapporto ONU che accusa la polizia israeliana di violenza di massa sulle donne e ragazze palestinesi della Cisgiordania: spogliate, picchiate, ingabbiate, degradate, violentate, giustiziate.
Ma c'è anche altro.
Il report è parte di un fenomeno più vasto, quello della terrificante condizione dei palestinesi di Gaza incarcerati dopo il 7/10, descritta anche nell'ultimo, sconvolgente rapporto ong Medici per i Diritti Umani Israele: proviamo a vedere cosa c'è scritto.
L'esempio più scabroso è una circolare interna del ministero della sanità israeliano, dal titolo Trattamento medico dei combattenti illegali, che sulla carta si dovrebbe occupare di regolamentare le cure mediche per i gazawi detenuti in diversi ospedali militari.
Le direttive del documento servono, di fatto, ad abbassare drammaticamente gli standard etici e professionali per il personale medico, e a proteggerlo da qualsiasi azione legale.
Andando contro la base stessa del rapporto paziente-medico, dicono gli autori dell'inchiesta.
Il documento del ministero della Salute israeliano consiglia al personale che assiste i pazienti negli ospedali temporanei Gaza di mantenere il completo anonimato, e di identificarsi solo con la propria competenza e professione.
Il documento consente la discrezionalità più totale nell'esecuzione di procedure chirurgiche moderatamente complesse, anche senza anestesia.
Quel che è peggio, il testo autorizza il personale militare a tenere i pazienti gravi completamente bendati o ammanettati, e a subire operazione chirurgiche tra un interrogatorio e l'altro, in condizioni definite come «di tortura».
«Il documento è disturbante in ciò che ammette chiaramente e in ciò che omette», scrivono quelli di PHR, e consente una «deviazione palese» dalle linee guida della professione medica.
Nelle conclusioni di PHRIsrael, si legge che il Ministero della Sicurezza Nazionale di Tel Aviv ha promosso, sotto mentite spoglie, «abusi senza precedenti dei diritti dei palestinesi, sia in modalità passive che attive».
Queste misure, si legge nel documento (stilato da una ong con base a New York, ricordiamolo) «violano leggi internazionali e locali, così come il diritto internazionale».
L'inchiesta parla inoltre di una «quasi totale assenza di trasparenza, la mancanza di ispezioni incrociate della Croce Rossa e il divieto di visite da parte di avvocati nei luoghi di detenzione» nei Territori Occupati.
Le politiche carcerarie adottate da Israele, si legge nell'inchiesta, «sembrano motivate interamente dalla volontà di infliggere vendetta e punizione arbitraria, senza alcun scopo utile».
PHRIsrael parla di un «deplorevole declino della professionalità, dell'etica e della morale all'interno del sistema carcerario israeliano, con gravi conseguenze...». Il governo di Tel Aviv, scrive questa ong che rappresenta un'Occidente arrabbiato ma anche felice e vitale, che tra mille difficoltà e repressione contrasta una visione catacombale e meschina dell'Occidente paranoico, «plasmando un approccio che danneggia inevitabilmente molte vite umane, compromettendo sia il personale medico che le istituzioni».
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