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19 febbraio 2024
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Il nazista perfetto
di Rinaldo Battaglia *

(...) Ma fu solo nella tarda primavera del 1942 che si elevò ai massimi onori del crimine e del nazismo, riverito e temuto da tutti coloro che, gerarchicamente, venivano dopo di lui. Una carriera davvero folgorante: venti anni prima faceva la fame a Klingenberg, venti anni dopo è l’uomo di fiducia dell’uomo di fiducia del Fuhrer. Senza far nulla di particolare, se non solo ubbidendo e senza fare mai domande.

Il 4 giugno 1942 infatti moriva il suo capo Reinhard Heydrich, dopo l’attentato del 27 maggio nelle strade di Praga. Hitler ed Himmler ordinarono subito a Böhme di mostrare al mondo cosa volesse dire ’toccare’ qualcuno del cerchio magico nazista. E Böhme organizzò la vendetta che affidò sul campo ad un suo uomo, ancora più criminale di lui o almeno di pari livello: il gen. Kurt Daluege.

La mattina di mercoledì 10 giugno, alle ore 10.00 con precisione teutonica, Daluege si diresse poco lontano da Praga, verso il villaggio di Lidice, senza che questi avesse colpe precise. Forse qualche partigiano che aveva attentato ad Heydrich era originario di Lidice, forse qualcuno di Lidice lo aiutò. Ma niente di più. Ma serviva qualcosa di più per Horst Böhme? E iniziò l’inferno. Durò 5 ore il massacro, 5 ore. Gesù, sul Golgota, morì prima.

La popolazione del villaggio – neanche mille in tutto – venne divisa in gruppi. Chi era maschio, da 16 anni in su, venne portato fuori centro, nel granaio della fattoria Horàk e fucilato a gruppi di 5, per non perdere dell’inutile tempo. Ma quando Böhme venne a sapere che le esecuzioni stavano procedendo troppo lentamente, secondo la sua tabella di marcia, ordinò che fossero fucilati 10 uomini alla volta.

Furono 173 quelli che morirono così, come macabro spettacolo per i loro familiari, che dovevano sentire le fucilate. Ad ognuno, tre colpi come ai banditi: due al petto e dopo uno alla nuca. I condannati dovevano camminare sui corpi dei loro amici e familiari per arrivare alla parete del muro, dove venivano ammazzati. Più fortunati forse i primi, nessuno osa immaginare l’agonia degli ultimi. Alle ore 15 i soldati si riposarono. Qualche giorno dopo i nazisti scoprirono che altri 26 erano riusciti a fuggire: vennero trovati, identificati, chissà come e chissà da chi, e tutti fucilati il giorno 16 nel vicino villaggio di Kobylisy.

Tutte le 195 donne, gli 88 bambini e i ragazzi sotto i 16 anni furono caricati su camion e già il 12 giugno portati alla stazione di Kladno su treni diretti a Ravensbruck. All’arrivo nel lager le donne più anziane – 35 – vennero subito spedite ad Auschwitz e da lì raggiunsero i mariti o figli in Cielo. Le altre donne vennero destinate a un block dedicato, con lavori forzati, pesantissimi, anche nella costruzione di strade o di materiale bellico.

E fu una fortuna perché di solito chi arrivava a Ravensruck, il più grande lager per sole donne, a 90 km da Berlino, aveva anche altre soluzioni. La più facile essere usata come prostituta per soldati nazisti negli altri campi di concentramento, Mauthausen e Gussen in primis, oppure lavorare come schiava nella filiale della Siemens – società molto legata al Fuhrer e che si ingrassò in quegli anni – fatta costruire lì a fianco, o peggio divenire cavia umana negli esperimenti del chirurgo personale di Hitler e Himmler, il diabolico prof. Ludwig Stumpfegger, e della sua equipe, non meno diabolica. Alla liberazione di Ravensbruck, il 30 aprile ‘45, solo 143 delle donne di Lidice erano ancora vive, ma molte morirono poco dopo in quanto troppo malate o debilitate gravemente.

Degli 88 bambini o ragazzi, tutti prelevati, solamente 8, i più ariani, vennero destinati a un programma di germanizzazione nel campo di ‘reinsediamento’ di Łódź. L'arrivo dei bambini fu annunciato da un telegramma dall'ufficio di Praga di Böhme che concluse con: “i bambini portano solo quello che indossano. Nessuna cura speciale è desiderabile”. Vale a dire, malgrado la totale assenza di igiene e le frequenti malattie, per la scarsissima alimentazione, non dovevano essere fornite a quei bambini nessuna cura e nessuna medicina. Costi inutili. A guerra finita, le poche mamme di Lidice sopravvissute iniziarono una lotta contro il mondo per capire che fine avessero fatto i loro figli. Riuscirono solo a individuare e recuperare gli otto bambini ‘germanizzati’.

Di Lidice, a Lidice, non era rimasto più nulla. Tutto era stato bruciato, tutto raso al suolo e fatto saltare in aria da quintali di dinamite. Non c’erano più nemmeno gli alberi secolari. Solo un pero e un melo, si racconta, sopravvissero. I nazisti del gen. Daluege, per ordine diretto di Böhme , avevano persino fatto distruggere il camposanto. A Lidice neanche le vecchie tombe dovevano rimanere a memoria del loro passato. Si dice che Lidice fosse così spettrale da assomigliare a Hiroshima, dopo la bomba atomica.

Tutti erano stati massacrati come pecore al macello per ordine del lupo Horst Böhme, di allora 33 anni, tra gli applausi di Himmler e del Fuhrer. Potevano non ricorrere ancora ai suoi servigi? Eccolo così nel settembre 1942 a capo della polizia a Bucarest nella lotta agli ebrei, poi dal gennaio ad agosto 1943 a guidare l'Einsatzgruppe B, specializzata negli omicidi di massa sui civili in Unione Sovietica, dopo la sconfitta nazista di Stalingrado. E a seguire come colonnello della polizia nella Einsatzgruppe C e nella Einsatzgruppe B e dopo il 9 novembre 1944, promosso personalmente da Hitler SS-Oberführer, al comando della Polizia di sicurezza e dell'SD (Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD – i Servizi Segreti) nella Prussia orientale, dove morirà negli ultimi giorni di guerra.

Non vi è certezza sulla data e sulla causa, ma di certo da quel giorno il mondo era diventato più pulito.

Lo hanno definito il lupo di Lidice, ma forse agli occhi delle pecore i lupi risultano sempre meno bestiali e meno terrificanti. Aveva 36 anni, nessun titolo di studio, nessuna dote particolare se non la cieca ubbidienza e la bocca chiusa. Il nazista perfetto.

19 febbraio 2024 – 80 anni dopo – Rinaldo Battaglia

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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