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Stop al genocidio: la reazione è una prova di dittatura
di
Antonio Matteini
Disse Giulio Andreotti che la dittatura più difficile da sconfessare è la propria. In effetti un regime funziona e dura se riesce a far percepire alla massa che c'è libertà.
Quando la censura si fa opprimente, i bavagli appaiono come un effettivo limite quotidiano con cui - non solo politici, giornalisti, artisti, docenti... - tutti devono fare i conti; ecco che quel regime appare fragile.
Ieri quel glaciale, telegrafico comunicato dell'Amministratore delegato della RAI Sergio, messo in mano a Mara Venier cos' è se non la materializzazione di un regime che collassa sotto il peso delle proprie ipocrisie e contraddizioni?
Una repubblica democratica in cui un cantante non dovrebbe chiedere la fine di un genocidio, dove mai la si è vista?
Il problema grosso è che il nostro Sistema (economico, politico, ma soprattutto culturale) non solo è alla canna del gas, ma è suddito di uno messo ancora peggio; quello statunitense.
Ne risulta un panorama in cui l'informazione è posta nelle mani di utili idioti e replicanti. Gente che non deve saper pensare, ma eseguire ordini e diffondere veline di regime (neanche prodotte a Roma, ma direttamente a Washington).
La goffaggine dimostrata nel gestire il caso Ghali è emblema della incapacità e incompetenza di cui sono saturi i mezzi d'informazione di massa.
È un boomerang quel comunicato, è un boomerang qualsiasi repressione somministrata a chi vuol parlare di cosa avviene in Palestina.
Il bisogno ossessivo e paranoico di dire che stiamo con Israele, che stiamo per l'occidente libero e democratico; dimostra una crisi molto profonda proprio di questo occidente libero e democratico che evidentemente inizia a non sentirsi più in grado di proporsi come faro del progresso e della libertà, globale.
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