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Ucraina e Gaza: conflitti paralleli con gli stessi manovratori
di
Ferny Zillo
L'influenza degli Stati Uniti è cresciuta in tutto il XX secolo, ma è diventata particolarmente dominante dopo la fine della seconda guerra mondiale, quando erano rimaste solo due superpotenze, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica.
Oggi, con il pretesto della sicurezza, i politici occidentali parlano di una guerra occidentale alla Russia (che diverrebbe necessariamente mondiale), sostenendo così gli intenti degli USA che vorrebbero essere l'unica superpotenza nel mondo. In questo quadro si inserisce anche la guerra in Palestina, perché gli USA sostengono Israele a parole come "unica democrazia del Medioriente", di fatto in quanto guardiana degli interessi occidentali nella regione ricca di risorse energetiche che già sono state causa della guerra in Iraq.
Il processo di creazione dello Stato di Israele e la questione della Palestina sono strettamente collegati e complessi. La storia risale al periodo del Mandato britannico sulla Palestina, che ha avuto inizio nel 1920 dopo la prima guerra mondiale. Durante il mandato britannico, sia gli ebrei che gli arabi iniziarono a reclamare il diritto alla terra.
Nel 1947, le Nazioni Unite proposero un piano di spartizione che prevedeva la creazione di due stati separati, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme sotto un'amministrazione internazionale. Il piano fu accettato dagli ebrei, ma respinto dagli arabi.
Nel 1948, poco dopo che gli inglesi lasciarono la Palestina, Israele dichiarò la sua indipendenza. Questa dichiarazione portò a una guerra tra Israele e i paesi arabi confinanti. Alla fine del conflitto, Israele occupava una porzione di territorio maggiore di quella assegnata dalla spartizione delle Nazioni Unite, mentre la Cisgiordania fu occupata dalla Giordania e la Striscia di Gaza dall'Egitto.
Negli anni successivi, si sono succedute diverse guerre, negoziati di pace e conflitti tra Israele e i palestinesi. Nel 1993, Israele e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) firmarono gli Accordi di Oslo, che prevedevano l'autonomia palestinese.
Tuttavia, il processo di pace si è rivelato difficile e inconcludente, con continue tensioni e conflitti tra le due parti. Israele si è insediato con la forza su 78% della Palestina storica e, fin dal 1967, ha occupato illegalmente e imposto varie forme di regime militare sul rimanente 22%.
E, sebbene vi fosse una parvenza di normalità, già il 21 ottobre 2015 in un discorso al Congresso mondiale sionista il premier israeliano Benjamin Netanyahu espresse il suo odio verso i palestinesi cercando di addossare loro la responsabilità della Shoah.
Disse infatti che Adolf Hitler non aveva alcuna intenzione di sterminare gli ebrei, voleva solo espellerli, ma fu convinto dal gran muftì palestinese Haj Amin al-Husseini.
Sebbene la reazione di indignazione mondiale a questa dichiarazione lo abbia costretto a ritrattare, questo ci fa comprendere molto sull'attualità.
Peraltro già prima dell'azione di Hamas, il permanente conflitto e il controllo di Israele sulla striscia di Gaza ha portato a profondi effetti umanitari.
Le popolazioni civili delle zone coinvolte soffrivano per la scarsità di risorse, gli sfollamenti di massa e la distruzione delle infrastrutture.
I bambini in particolare erano una delle fasce più vulnerabili, poiché privati dell'opportunità di una normale crescita, educazione e sviluppo.
Le organizzazioni umanitarie lavoravano per fornire assistenza, ma le risorse spesso non sono sufficienti per soddisfare tutti i bisogni.
Oggi il problema è deflagrato, con decine di migliaia di morti civili, soprattutto donne e bambini e la distruzione di scuole, ospedali, strutture umanitarie.
Prospettive di pace in entrambi i casi?
Nessuna, ma il principale fornitore di armi USA e la Nato vogliono portare il mondo in guerra e lo dichiarano pure, mentre la guerra in Ucraina e quella in Palestina rappresentano due situazioni di conflitto disastrose che richiedono con urgenza una soluzione pacifica.
L'impatto umanitario è tragico e non può essere ignorato dalla comunità internazionale.
Il raggiungimento di una pace duratura richiederà impegno, tolleranza e rispetto reciproco tra i popoli coinvolti.
Solo attraverso il dialogo e la comprensione reciproca sarà possibile porre fine a queste lunghe dispute e dare la possibilità a entrambe le regioni di costruire un futuro di pace e prosperità.
Ci auguriamo che le forze esterne che premono non rendano questo solo un auspicio.
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