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I genocidi non si improvvisano e sono un marchio per chi li perpetra.
di
Rossella Ahmad
I genocidi non si improvvisano. Sì pianificano, scientificamente e con metodo. Hanno degli step, che si susseguono non necessariamente in maniera lineare. Anzi, più spesso essi si sovrappongono, si accompagnano, sono simultanei.
Hanno però un inizio, che è la simbolizzazione: tu sei diverso da me ed i simboli devono dimostrarlo; ed hanno una fine, che è lo sterminio e la sua negazione: non è accaduto nulla; le immagini sono finte; il sangue non è reale e non vi è crisi umanitaria, l' affamamento è un falso racconto ed i palestinesi acquistano polli al mercato nero.
Tra l'inizio e la fine, vi è discriminazione, polarizzazione, persecuzione e disumanizzazione. I membri del gruppo che si intende colpire assumono valore e dignità di insetti, scarafaggi per lo più. Il loro sangue è a buon mercato, anzi vale zero.
Con gli strumenti propagandistici che da sempre sono a disposizione dei gruppi di potere - e che in questo caso sono immensamente pervasivi: un intero impero mediatico globale a disposizione del genocida, circostanza mai verificatasi prima - il concetto di untermenschen viene assimilato e introiettato in maniera globale: il sangue di un untermensch non merita di essere citato né ricordato. È normale che venga versato. È accettabile.
Chi abbia assistito alla celebre partita di calcio i cui partecipanti osservarono un minuto di silenzio in segno di lutto per le vittime israeliane nel momento stesso in cui quelle palestinesi le superavano di una decina di volte, sa cosa voglio dire.
E solo ieri, il presidente di uno stato occidentale ha ridato linfa a questo principio coloniale di suprematismo razziale definendo il suo concetto di genocidio: l'azione anti-militare di un popolo sotto occupazione, mentre chiudeva entrambi gli occhi verso il genocidio reale, quello che si sta perpetrando a Gaza.
Le urla dei bambini amputati senza anestesia turbano ancora i nostri sonni, o vigliacchi di ogni genere!
Ed il cosmo e le sue leggi hanno voluto che giungesse la sentenza della corte Internazionale dell'Aja, nella data più simbolica di tutte, che ha ristabilito un minimo di verità in un consorzio di gente che vive fuori dal mondo reale.
Chissà se hanno capito cosa stia accadendo, ad Israele ed a loro stessi, che del genocidio dei palestinesi sono stati apologeti senza vergogna. Io li ricordo tutti. Vorrei che alla sbarra, dinanzi ai popoli del mondo, a questo sud del mondo che ha rimesso per un attimo in asse il nostro pianeta, questo glorioso spicchio di terra simboleggiato da un Sudafrica che ha spezzato per primo le catene dell'oppressione, e da uno Yemen, unico stato che si sia opposto ad un genocidio - ora possiamo dirlo con certezza - questo sud del mondo che chiede giustizia e che la otterrà, finissero anche loro, non meno colpevoli.
Tutti.
Il crimine di genocidio non è uno scherzo. È l'accusa più infamante per stati ed individui che vi abbiano partecipato, una delle poche per cui non esiste prescrizione. È uno stigma morale impresso come un marchio che resta lì, in eterno, a distinguere e separare come grano dalla pula gli esseri umani e le società in cui si riconoscono.
Avete finora scherzato con il fuoco. Questa volta, e da oggi in poi, ne pagherete le conseguenze.
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