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ICJ: lati positivi e possibili motivi della decisione
di
Rita Guma *
Sebbene la decisione della Corte internazionale di giustizia (ICJ) su Gaza possa apparire (e in parte sia) deludente, vi sono aspetti positivi che cercherò di illustrare nel seguito.
In primo luogo, la Corte ha dichiarato di essere competente a giudicare il caso. Questa competenza (cioè giurisdizione) era stata messa in dubbio dagli avvocati di Israele perché essa implica che si andrà a processo con l'accusa di genocidio così come prospettata dal Sudafrica. Quindi il primo buon risultato è che potrà esserci un processo.
Ciò farà sì che molti altri Stati si aggiungano al fianco di Pretoria, come ha già fatto il Nicaragua, per rafforzare l'accusa e che in pratica molti debbano prendere posizione, trovandosi in minoranza dal lato di Tel Aviv. Senza giurisdizione niente potenziale processo e molti non avrebbero nemmeno valutato lo schierarsi.
Inoltre questo significa che nessun Paese è al di sopra del diritto internazionale.
Anche le decisioni apparentemente blande della Corte sono invece tali da impedire a Israele di non rispettarle senza conseguenze. Se la Corte avesse disposto il cessate il fuoco Israele avrebbe invocato davanti alla Comunità internazionale il diritto alla difesa e non avrebbe attuato nemmeno un briciolo di quanto chiesto dalla Corte.
Invece le richieste sono tutte accettabili. Come fa Israele a dire che non vuole opporsi all'incitamento all'odio e al genocidio? Ammetterebbe che è un obbiettivo dello Stato e non dei singoli che esternano o agiscono.
Come può opporsi all'idea di pause umanitarie senza peggiorare la sua posizione davanti alla Corte quando saranno esaminate le accuse? Intanto questo darà sollievo alla popolazione e l'arrivo di cibo e medicinali ridurrà le morti.
Israele deve anche riferire fra un mese sulle misure adottate per prevenire i crimini indicati, il che significa che non può non fare niente, lasciando ministeri e fanatici a dire e fare quello che vogliono in merito all'incitamento all'odio e al genocidio.
Misure limitate ma non rifiutabili, nemmeno di fronte ai propri alleati, tenendo conto che anche la Gran Bretagna - tramite Cameron - si sta impegnando per un cessate il fuoco umanitario.
Misure più rigide (oltre ad implicare probabilmente, a livello legale, un pre-giudizio di colpevolezza per l'intero Stato israeliano, cosa invece ancora da provare) si sarebbero invece prestate ad un muro contro muro, visto che nemmeno l'ONU può obbligare Tel Aviv a rispettarle (e in Consiglio di Sicurezza ci sarebbero veti).
* Presidente Osservatorio
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