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Annie Lennox voce per Gaza
di
Rossella Ahmad
Il 29 dicembre del 2016 riportavo le parole di Annie Lennox a ridosso di uno dei tanti assalti israeliani sulla popolazione di Gaza:
"Israele danza su una terra rubata, i coloni sono il peggior esempio fascista e razzista al mondo, non posso più accettare tutto questo, piango tutti i giorni nel vedere quello che i palestinesi devono accettare, i loro figli massacrati, le loro terre rubate, i loro ulivi bruciati, le case distrutte. Se fossi una palestinese farei parte della resistenza".
Era il 2016. Quasi otto anni fa.
Con una certa riluttanza ho aperto la sua pagina Instagram, timorosa che qualcosa potesse essere mutato. Spesso, i grandi artisti sono i più vessati. Ogni loro parola ed ogni loro gesto vengono passati al setaccio e capita quindi che dopo anni di attivismo le resistenze personali cedano.
Ho tirato un sospiro di sollievo. Lei c'è, e non potrebbe essere altrimenti. Chi non sa, non sa. Chi sa e tace non è degno di essere preso in considerazione. Ma chi ha saputo e capito quel che avviene in Palestina, non torna più indietro.
Perché laggiù si consuma qualcosa che è quanto di meno sopportabile per lo spirito umano. Nulla è più calzante del paragone che ho fatto più volte. Funny games. La prevaricazione più violenta ed impunita. Il tracollo dell'umanità nel suo significato più profondo. L'ingiustizia che diventa legge della giungla e si impone incontrastata.
Nel 2010 Annie Lennox si era rifiutata di andare in Israele, spiegando di essere tramortita dalla "pornografia della distruzione" a cui stava assistendo.
Quella pornografia si è trasformata in un'orgia di sangue e macerie, in un sabba infernale che non ha più fine. E Lei mostra tutto. I video più cruenti sono lì. I bambini sono lì. L'innocenza è lì. E la vigliaccheria è lì. Tutto lì.
Senza paura e senza filtri e senza personali distinguo. Con tutta la forza che può imprimergli la sua fama, la sua notorietà.
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