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Il sionismo ha perso i giovani USA
di A. AbuKhalil, traduz. di
A. M. Shakakini
13 Dicembre 2023
Asad Abukhalil professore libanese statunitense di scienze politiche presso la California State University
Lo spettro si aggira per i campus universitari degli Stati Uniti, non è quello dell'antisemitismo, ma quello della lotta contro l'antisemitismo.
Nessuno si opporrebbe alla lotta contro l'odio, in particolare l'antica forma di odio contro il popolo ebraico, se il movimento contro l'antisemitismo fosse veramente volto a combattere l'antisemitismo.
Ma la battaglia nei campus universitari è invece inequivocabilmente una battaglia politica diretta contro l'attivismo e il nazionalismo palestinese. Questo non ha nulla a che fare con l'antisemitismo. Al contrario, i sionisti lanciano accuse di antisemitismo per controllare la libertà di parola e vietare la libertà d'espressioni dei filo-palestinese.
Quando l'Anti-Defamation League considera le manifestazioni di protesta contro il genocidio israeliano come esempi di antisemitismo, si sa che non si tratta più di antisemitismo. Si tratta di un tentativo da parte di un gruppo filo-israeliano di proteggere l'aggressione e l'occupazione israeliana dalle critiche.
Il cambiamento nel campus
La forma dell'attivismo studentesco nei campus universitari è cambiata; la lotta per la Palestina non è più confinata agli studenti arabi e musulmani. A dire il vero, il movimento storicamente ha attratto studenti ebrei progressisti, ma il movimento era composto in gran parte da arabi e musulmani.
Negli ultimi anni, i giovani americani si sono allontanati dalla politica del Partito Democratico, abbracciando invece il progressismo in stile Terzo Mondo. Inoltre, il movimento Black Lives Matter ha adottato la Palestina come una delle sue cause e questo ha fornito al movimento palestinese una corrente di radicalismo interno locale.
BLM è stato in grado di identificare l'impulso razzista nel sionismo. I fondatori sionisti non sono mai stati timidi nel loro disprezzo per i nativi e nella loro fede nella superiorità degli israeliani rispetto gli arabi. Libri e articoli sono stati prodotti in Israele o in Occidente dagli israeliani per dimostrare l'inferiorità genetica degli arabi. Il famigerato libro, The Arab Mind, non è mai stato esaurito ed è ancora usato in Occidente e in Israele come manuale sul comportamento politico e sociale arabo.
L'intersezionalità della Palestina con i movimenti radicali americani spinse la Palestina, per la prima volta nella sua storia, verso le cause progressiste americane.
Tuttavia, i liberali democratici e le femministe tradizionali – come l'Organizzazione Nazionale delle Donne e la Maggioranza Femminista – rimangono solidamente dietro la violenza di massa israeliana. Ad oggi, NOW ha rilasciato una sola dichiarazione sulla Palestina; ed era per condannare Hamas.
Il contesto colonialista del sionismo
Il sionismo non sarebbe stato lanciato senza il contesto del pensiero e delle pratiche coloniali occidentali. Il primo documento del Congresso Sionista del 1897 non esitava a usare la parola colonialismo. E c'è bisogno di una spinta di razzismo per essere in grado di giustificare la creazione di uno stato ebraico in una terra con una maggioranza di non ebrei.
Proprio come il Sud Africa, il progetto sionista si basava sulla credenza nell'inferiorità della razza soggetta. E' questo elemento del sionismo che ha permesso alle minoranze progressiste negli Stati Uniti, e ad alcuni bianchi, di identificarsi con l'indignazione palestinese per il razzismo e la sottomissione esercitati da Israele.
Il dibattito che ha avuto luogo al Congresso e sulle pagine degli editoriali dei giornali statunitensi è fuorviante.
Nessuno crede davvero che ci sia una minaccia per gli studenti ebrei nei campus o che gli studenti filo-palestinesi stiano sottoponendo i loro compagni di classe ebrei ad abusi o molestie.
E sicuramente nessuno crede davvero che una lobby palestinese abbia preso il controllo del Congresso, dei media statunitensi e delle amministrazioni universitarie.
Il dibattito artificioso ruota attorno alla presa di coscienza da parte delle organizzazioni sioniste di aver perso i giovani negli Stati Uniti.
Così la perdita della gioventù americana ha portato a un contrattacco da parte dei sostenitori di Israele.
I sostenitori di Israele non stanno discutendo i fatti del conflitto e non stanno nemmeno fornendo giustificazioni per il genocidio a Gaza. Al contrario, bollano come antisemitismo ogni manifestazione di attivismo pro-palestinese.
Si tratta di un contraccolpo che probabilmente continuerà ed è anch'esso destinato a fallire. I massacri di Israele parlano da soli, nonostante i tentativi propagandistici di insabbiarli.
Nessun esempio di retorica antisemita da parte di studenti filo-palestinesi è stato prodotto come prova, perché non ce ne sono.
Gli slogan scanditi in tutto il paese si riferiscono alle aspirazioni nazionali palestinesi di libertà.
"Palestina libera, libera" è la frase più spesso cantata nelle manifestazioni. Ma le organizzazioni sioniste hanno improvvisamente deciso che la parola "intifada" (che in arabo significa rivolta) implica un genocidio contro gli ebrei.
La parola Intifada è stata applicata ripetutamente dagli arabi a partire dal XX secolo per riferirsi ai movimenti politici e alle rivolte contro i governi arabi e musulmani. L'uso ha preceduto di molto quello dell'Intifada palestinese del 1987.
La storia contemporanea irachena è piena di Intifade contro gli inglesi e più tardi contro i governi al potere. Nessuno ha mai accusato i ribelli arabi di intenti genocidi quando si sono ribellati contro i governi arabi.
Allo stesso modo, gli egiziani si riferirono alla loro rivolta del gennaio 1977 contro le crudeli politiche economiche del presidente Anwar Sadat (il despota preferito dell'Occidente, nonostante il suo antisemitismo) come "l'Intifada di gennaio", mentre Sadat in seguito la soprannominò "l'Intifada dei ladri".
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