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L'amore perduto di Angela
di
Rinaldo Battaglia *
Un giorno Johann Wolfgang Goethe disse, da grande poeta quale era, che “Un cuore che cerca sente bene che qualcosa gli manca; ma un cuore che ha perduto sa di cosa è stato privato.”
Il libro della Vita avrebbe mille pagine a conferma. Lo stesso nelle pagine della Storia.
Oggi è il 18 giugno e 79 anni fa a Marina di Massignano, verso la costa marchigiana, venne scritta, con l’inchiostro rosso di sangue, una di quelle pagine dolorose.
In quel periodo Gino, un ragazzo originario di Campofilone, frequentava da anni una ragazza di Montecatino, poco lontano. Si chiamava Angela. Erano anni duri, anni di miseria e la guerra provocava morti e sofferenze. Solo lavorando faticosamente i campi si riusciva a sopravvivere. Così facevano anche i due giovani innamorati, convinti che a guerra finita avrebbero finalmente trovato la pace e messo su famiglia. Come avrebbero forse già fatto da tempo, se non ci fosse stata quella maledetta guerra da 4 anni.
Ma il destino volle che le cose non andassero per nulla così. La guerra è guerra e non conosce pause o giustizie.
Il giorno prima, il 17 giugno 1944, una pattuglia di partigiani che operavano in zona tra i fiumi Tesino e Aso ai comandi del sottotenente Terisio Pignatti, mentre stava sabotando una grande mina, posta dai nazisti sul ponte S. Giuliano a nord di Villa Vinci, aveva catturano due tedeschi su una motocicletta. L’obiettivo dei partigiani (la 24° Banda del raggruppamento “Gran Sasso”) era di evitare assolutamente che i nazisti, oramai in ritirata con gli Alleati in arrivo dal Sud – 13 giorni prima era stata liberata Roma – facessero brillare, come era prassi consolidata oramai , usando quella mina, un deposito di munizioni. Avrebbe di certo provocato una strage in zona.
Cinque ore dopo quel deposito sarà fatto ugualmente saltare in aria dai nazisti (dell’ 8° batteria antisbarco del 927 reggimento artiglieria Unità di artiglieria tedesca) per ordine del loro comandante, un capitano della Wehrmacht conosciuto in zona solo col nome di “Potente”. Ma con impatto pressoché nullo, almeno sulle persone.
Gli uomini di Pignatti erano molto rispettati in zona per le loro azioni di difesa, che avevano già effettuato a favore della popolazione contadina locale. Non a caso nel dopoguerra Terisio Pignatti riceverà la medaglia d’argento al valor militare. Le attenzioni ‘difensive’ si erano moltiplicate proprio in quei giorni, quando le truppe tedesche della Wehrmacht e soprattutto un’unità di artiglieria tedesca “Frei Indien”, in ritirata, si erano accampate a Villa Vinci, nella vicina Cupra Marittima, stabilendovi il quartier generale.
La mattina del giorno successivo, domenica 18 giugno, un soldato tedesco venne mandato dal capitano chiamato “Potente” in perlustrazione sull’adiacente territorio di Massignano e una volta fatto ritorno, riferì al suo Comandante, in presenza dello stesso Conte Zeno Vinci – che aveva, suo malgrado, dovuto consegnare la sua villa ai nazisti - d’essere stato attaccato e lievemente ferito a una gamba da alcuni ‘contadini ribelli’.
Nessuno ha
mai chiarito, né allora né dopo, le modalità dello scontro e se davvero ci fossero state delle responsabilità. Più volte nelle memorie dei sopravvissuti – del conte Vinci, in particolare - tutto sembrò poco credibile e molto lacunoso. Non è escluso, anzi dovrebbe essere stata l’ipotesi più probabile, che fosse stata un’azione isolata di alcuni elementi della banda del Pignatti. Il comandante “Potente”, già ‘offeso’ per l’azione deludente dello scoppio del deposito di munizioni e voglioso di vendicarsi anche davanti ai suoi uomini – anch’essi delusi e preoccupati per le ultime vicende di Roma e non solo - ordinò subito di rastrellare la zona e di prendere tutti i ‘ribelli’.
La rappresaglia fu immediata e feroce: vennero rastrellati 12 uomini e ragazzi, contadini del posto, i primi che trovarono in zona e nelle campagne al lavoro. E furono subito passati per le armi. Il giorno dopo la gente del posto troveranno nel fosso dei Vagni, presso la frazione di Contrada Montecatino, 6 corpi (Nazzareno Capriotti, i cugini Giuseppe, Secondo e Settimio De Angelis, Camillo Giobbi e Nazzareno Pennesi) e altri 6 lungo la scarpata della ferrovia, a Lido di Marina di Massignano (Italo Cossignani, Luigi Pennesi, Vittorio Cecere – l’unico forse simpatizzante dei partigiani del gruppo - e gli “sbandati” o ‘sfollati’ Michele Mascia e Consiglio Nuccio). Il dodicesimo corpo era quello di Gino (Gino Acciarri), l’amore di Angela.
Angela (Angela Mecozzi) in quel momento era fuori zona, scampata al rastrellamento insieme al padre perché nella loro casa, sempre in zona Montecantino, i nazisti avevano depositato il giorno prima delle altre bombe e del materiale bellico. Avevano preferito, andarsene per qualche giorno in attesa che i tedeschi ripartissero, com’era nell’aria. E’ probabile – nessuno potrà mai confermarlo o smentirlo – che Gino, all’oscuro di tutto, fosse andato a trovare la sua ragazza. Era domenica peraltro. Qualcuno dirà più avanti che forse vi era anche una lettera che spiegava quell’assenza così improvvisa ed imprevista.
Documenti postumi confermarono che i tedeschi non siano riusciti a catturare nessun presunto responsabile del fatto e tra i fucilati non vi era nei fatti nessun partigiano. Ma serviva?
Quando il conte Vinci chiese al Capitano “Potente”, se fossero certi che gli ammazzati fossero dei ribelli, questi tranquillamente e quasi seccato rispose: “Non possiamo andare per il sottile”. Questo è stato il nazismo, questo è stato il socio ed alleato del fascismo di Mussolini. Tutto il resto è spazzatura o ‘battute infelici ‘ di qualche Ministro, Alta Carica dello Stato o Assessore regionale delle mie parti.
A confermare il tutto ci sarà anche un testimone, un altro contadino, un altro civile, Giulio Capocasa, catturato con gli altri 12 dai nazisti, che riuscì a defilarsi durante gli spostamenti e ad evitare di essere fucilato. Rimase nascosto in un piccolo anfratto di una casa abbandonata per alcuni giorni.
Angela non riuscì più a reagire alla perdita del suo amore, così criminalmente ucciso e senza colpe. E di morte naturale, forse di crepacuore, se ne andò ancora prima che passassero i primi dodici mesi dall’uccisione di Gino.
E’ proprio vero che la guerra uccide anche durante la pace.
Molti anni dopo un procedimento penale contro ignoti militari tedeschi e italiani per “Violenza, omicidio, saccheggio, incendio, distruzione e grave danneggiamento” nei confronti di cittadini italiani per fatti avvenuti nel territorio di Ascoli Piceno dal 28/11/1943 all’18/06/1944, è stato archiviato nel 1999 per mancata identificazione degli autori del fatto. Tra essi anche l’eccidio di Marina di Massignano, l’ultimo in zona.
Di recente a ricordo dell’eccidio di Marina di Massignano è stato eretto un cippo, ideato dal parroco don Mario Angelini. Si trova sulla spiaggia, sotto la massicciata della ferrovia. E’ una scultura in bronzo che raffigura la ruota di un treno nella cui parte inferiore sinistra è scolpita in rilievo una siepe mossa dal vento. Nella parte opposta è inserita una piccola lastra, sempre in bronzo, in cui sono incisi in ordine alfabetico i nomi dei Caduti, la data di morte e quella di posa dell’opera. La ruota poggia su un rudimentale basamento formato da schegge di pietra e calce. Ai fianchi del monumento sono state poste piante di oleandro. I Caduti di quest’eccidio sono inoltre ricordati da una cappella/mausoleo eretta nel 1946 lungo la Strada Statale 16, sempre a Marina di Massignano.
Una lapide nel Dicembre 1945 è stata anche posta sul Palazzo comunale di Massignano:
“Anche in questo comune si è abbattuta la rabbia teutonica e dodici innocenti cittadini vennero trucidati nella località Montecantino il 18 giugno 1944: Acciarri Gino, Capriotti Nazzareno, Cecere Vittorio, Cossignani Italo, De Angelis Giuseppe, De Angelis Secondo, De Angelis Settimio, Giobbi Camillo, Nuccio Consiglio, Mascia Michele, Pennesi Luigi, Pennesi Nazzareno – Massignano dicembre 1945”.
Manca però il nome di Angela, anche lei uccisa nel cuore quel giorno. Lei che aveva conosciuto l’amore e che aveva capito cosa aveva perduto, tanto da non riuscire a sopravvivere nemmeno per un altro anno.
“Un cuore che cerca sente bene che qualcosa gli manca; ma un cuore che ha perduto sa di cosa è stato privato.”
18 giugno 2023 – 79 anni dopo
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
 
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