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L'autorizzazione degli impianti di elettricità da fonti rinnovabili
di
Daniela Bauduin*
A seguito della decisione del Consiglio dei ministri di
negare l'autorizzazione alla realizzazione di un impianto
di energia elettrica alimentato a biogas, facendo applicazione
del principio di precauzione, come propugnato dalla Asl e
dal Comune intervenuti e da un Comitato di cittadini, pubblichiamo
un approfondimento dell'avv. Bauduin sugli strumenti che hanno
portato alla decisione.
Il
procedimento amministrativo volto a decidere sulla domanda
di autorizzazione alla costruzione e gestione di impianti
che producono energia elettrica da fonti rinnovabili è disciplinato
dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,
n. 387 che dà attuazione alla direttiva comunitaria (dir.
2001/77/CE) relativa alla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricità.
La
disposizione prevede un procedimento unico, cui le amministrazioni
interessate partecipano attraverso l'istituto della Conferenza
dei servizi decisoria, nella quale confluiscono tutti gli
apporti amministrativi necessari per realizzare e gestire
l'impianto, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili.
Nell'ipotesi in cui un'amministrazione preposta alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico
o alla tutela della salute e della pubblica incolumita` manifesti
il proprio motivato dissenso, la questione e` rimessa alla
deliberazione del Consiglio dei Ministri, in omaggio al principio
di sussidiarietà e di leale collaborazione.
In questo procedimento tipico si innesta la legge n. 241 del
1990 che disciplina, in via generale, l'esercizio del potere
amministrativo autoritativo e garantisce il diritto di accesso
ai documenti amministrativi, che è ineludibile strumento di
trasparenza e partecipazione ai processi decisionali. A tal
riguardo, la giurisprudenza ritiene che il criterio per differenziare
e qualificare la posizione dei singoli che agiscono per la
tutela dell'ambiente sia rappresentato dalla "vicinitas",
che non coincide con la proprietà o con la residenza
in un'area immediatamente confinante con quella interessata
dall'intervento contestato, ma deve essere inteso in senso
elastico, quindi modulato in proporzione alla rilevanza dell'intervento
e alla sua capacità di incidere sulla qualità
della vita dei soggetti che risiedono in un'area piu` o meno
vasta (si veda: Tar Piemonte, Sez. I, n. 635 del 2011).
Il principio 10 della dichiarazione che risulta dalla Conferenza
delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, riunitasi
a Rio de Janeiro dal 3 al 14 Giugno 1992, prevede che ogni
individuo abbia diritto di accesso alle informazioni relative
all'ambiente, in quanto le questioni ambientali vengono affrontate
al meglio con la partecipazione di tutti i cittadini interessati.
La
Convenzione di Arhus (Danimarca) del 25 giugno 1998, ratificata
dal nostro Paese con la legge 16 marzo 2001, n. 108, prosegue
nel riconoscere che un più ampio accesso alle informazioni
ed una maggiore partecipazione migliorano la qualità
delle decisioni e ne rafforzano l'efficacia. Attraverso il
contributo delle comunità locali si arricchisce quell'istruttoria
che rappresenta il cuore del procedimento amministrativo,
in quanto in essa devono emergere tutti gli interessi coinvolti
nella decisione ai fini del loro bilanciamento.
Nella
materia in discorso l'amministrazione deve verificare che
la domanda presenti quel contenuto minimo che le linee guida
per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili,
approvate con il decreto del Ministero dello Sviluppo economico
10 settembre 2010, prevede a pena di improcedibilità. Inoltre,
l'istruttoria deve tenere conto della situazione in cui il
nuovo intervento vuole inserirsi, senza cioè limitarsi ad
esaminare il progetto come fatto isolato, ma considerando
il contesto paesaggistico, ambientale e territoriale di fondo,
nonchè la sua interazione con altri impianti preesistenti.
Peraltro,
dalla qualificazione dell'impianto proposto come "industria
insalubre di I classe" ex art. 216 del R.D. n. 1265/1934 (che
ha approvato il testo unico delle leggi sanitarie), in quanto
compreso nella voce "centrali termoelettriche" (sezione C
punto 7 del decreto del Ministero della Sanità 5 settembre
1994), discende un notevole condizionamento dell'istruttoria.
In particolare, il soggetto procedente deve verificare che
l'industria insalubre sia isolata nella campagna e tenuta
lontana dalle abitazioni oppure che, pur collocata nell'abitato,
sia accompagnata dall'introduzione di particolari metodi produttivi
o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione
della salute del vicinato.
Si
tratta di applicare il principio di precauzione, che consente
di far fronte a un possibile pericolo per la salute oppure
per l'ambiente, nel caso in cui i dati scientifici non permettano
una valutazione completa del rischio. Uno strumento prezioso
nel caso in cui, per esempio, l'industria insalubre sia vicina
alle abitazioni civili, in quanto mancano disposizioni che
disciplinino la distanza minima delle unita` immobiliari dagli
impianti, tenendo conto delle diverse fonti rinnovabili e
delle diverse taglie di impianto.
In
conclusione, chi scrive ritiene che Stato e Regioni, ciascuno
secondo le proprie competenze, dovrebbero intervenire a colmare
gli ancora esistenti vuoti normativi, facendo sì che l'elevato
livello di decentramento amministrativo possa trasformarsi
in un elemento di maggiore vicinanza delle valutazioni alle
caratteristiche del territorio, la cui tutela è significativamente
collocata tra i principi fondamentali della nostra Costituzione
(art. 9).
*
avvocato, membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio
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