Osservatorio sulla legalita' e sui diritti
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Relatori del convegno MOBBING E STALKING aspetti penali, procedurali e civili

ABSTRACT dell'INTERVENTO di Angelo GIARDA*
Ordinario di Diritto processuale penale Università Cattolica del Sacro Cuore

TITOLO: "Il reato di stalking: profili procedurali"

Il relatore ha sottolineato come la legge sullo stalking, pur necessaria, non sia stata abbastanza meditata e condivisa, il che comporta poi la necessità di interventi successivi in barba a profili fondamentali del sistema penale.

Ricordando che i principi fondamentali che reggono il sistema penale sono:
- principio di stretta legalità penale
- principio di stretta legalità processuale,

il relatore ha rilevato che si è legittimati ad invocare quest'ultimo principio tutte le volte in cui ci troviamo di fronte a norme di contenuto prettamente processuale; e se le norme sono approssimative, poco chiare, vuol dire che potremmo invocare una incostituzionalità o un sospetto di incostituzionalità.

Considerando poi che il primo dicembre 2009 è entrato in vigore il Trattato di Lisbona, il quale recepisce due atti fondamentali, facenti parte dei principi generali dell'Unione - i principi della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che contiene norme di rango costituzionale e direttamente applicabili, oltre che la carta dei diritti fondamentali di Nizza - a giudizio del Relatore occorre poi ritenere che finalmente anche la procedura penale abbia assunto la legittimità e possibilità di chiamarsi diritto processuale penale.

_ La misura dell'ammonimento _

Il Relatore ha sottolineato che il legislatore ha introdotto un procedimento di prevenzione specifica, quello relativo al c.d. ammonimento, previsto dall'art. 8 della legge n. 38: si vuol tentare, su quella strada, la possibilità di limitare l'intervento del procedimento penale. L'esordio dell'art. 8 è estremamente chiaro: “fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'art. 612 bis del c.p. ... la persona offesa (quindi un soggetto ben preciso, che figura come ipotetico titolare dell' interesse leso posto in percolo dalla condotta prevista dalla norma incriminatrice) riferisce all'autorità di pubblica sicurezza i fatti avanzando la richiesta al questore di fare un ammonimento nei confronti dell'autore della condotta”.

“Il questore” (e già qui sorgono problemi pratici, tutt'altro che facilmente risolubili, perchè investono aspetti di carattere garantistico, ha notato il Relatore) agisce “assunto, se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti”.

Il prof. Giarda si è chiesto se questa fase debba essere assistita dalle garanzie del processo penale o no, in quanto si è in una fase sicuramente amministrativa, ma questa fase è tale da essere ritenuta la premessa indispensabile per un intervento giurisdizionale... quindi dobbiamo tener conto di quanto già troviamo nel codice per tutte quelle fasi che nascono come amministrative e diventano poi giurisdizionali?

Ad es. persone informate sui fatti è una categoria processualistica, ha notato il Relatore: allora da questo punto di vista potremmo ritenere che pur non essendo scritta una norma di questo genere, il questore dovrebbe adottare le garanzie previste per la fase pre-processuale del procedimento penale. Ritenendo che si debbano applicare le norme del codice di procedura penale, atti investigativi condotti senza il rispetto di questo potrebbero rappresentare una premessa per una invalidità di tutto l'itinerario che ne segue.

_ La misura cautelare _

La misura cautelare è oggetto di un provvedimento del G.i.p.. Questo provvedimento può essere soggetto alla richiesta di un riesame da parte del Tribunale delle libertà. La cosa interessante, nota il Relatore, è la durata della misura, che seguirà le regole ordinarie, e quindi si dovranno applicare gli articoli relativi alla durata massima della custodia cautelare. L'obbligo della comunicazione all'autorità è stato previsto dall'art. 282 quater.

_ La persona offesa _

A giudizio del Relatore, il legislatore ha dato la misura di un diverso passo dell'uso del linguaggio processuale: da un punto di vista nominalistico il linguaggio del legislatore del codice penale è di un tipo, nel codice di procedura penale è di un altro tipo. Per quanto riguarda la persona offesa dal reato invece si parla sempre di “persona offesa dal reato” sia nell'ambito penalistico sia nell'ambito processualistico.

Per il relatore si tratta di un errore metodologico di fondo che va tenuto nella dovuta considerazione, perchè, usando sempre la stessa espressione, si dà la sensazione che la persona offesa dal reato sia da considerare sempre tale, mentre ipotetico è soltanto l'autore del fatto di reato. Si parte dalla premessa che la persona offesa sia sempre depositaria della verità, ma per il prof. Giarda si tratta di un errore: se alla fine arriviamo all'assoluzione dell'imputato, la persona offesa non è più nessuno.

Nell'art. 282 quater si parla di “parte offesa” e non più di “persona offesa”: questo è significativo, dovuto alla considerazione che anche in questa fase la dimensione del soggetto che potrebbe essere la vittima del fatto di reato viene problematicizzata. Questo vuol dire recuperare nell'ambito processuale la dimensione della problematicità essenziale di tutte le categorie del processo, ha rilevato il Relatore, chiosando che nel processo non c'è niente di sicuro. C'è una sorta di recupero della problematicità del racconto fatto dalla parte offesa, ha sottolineato il prof. Giarda, notando che la credibilità della persona che presenta la querela va valutata in concreto.

_ L'incidente probatorio _

Con la legge sullo stalking vi è stato un ampliamento dei casi di incidente probatorio a maggiore protezione per i c.d. dichiaranti deboli, ha detto il Relatore. La norma dell'art. 392 identifica i casi alla stregua dei quali è previsto l'incidente probatorio: originariamente era pensata come un'anticipazione, nella fase delle indagini preliminari, della fase dibattimentale, con la caratteristica di avere due presupposti fondamentali.

Il primo è che si dovessero fare in fase di indagini preliminari degli atti a contenuto strettamente probatorio: il comma 1bis dell'art. 392 prevede che “nel procedimento per cui agli art. ... 612 bis il p.m., su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con l'incidente probatorio all'assunzione della persona minorenne”.

Finchè si chiedeva l'intervento nei confronti di una persona minorenne poteva avere un significato ragionevole - ha evidenziato il Relatore - perchè effettivamente la minore età, proprio per le elaborazioni mentali e mnemoniche di chi si trova in quella fase, può trovare delle distorsioni nel ritrovamento delle tracce mnemoniche: quello che non si riesce a capire è perchè con l'incidente probatorio si possano acquisire anche le dichiarazioni della persona offesa maggiorenne. Si è voluto acquisire in quella fase degli atti di indagini preliminari dei risultati di prova che potranno poi essere utilizzati direttamente per la fase dibattimentale.

_ La credibilità del teste _

Il collegamento con l'art. 398, comma 5° bis, è interessante perchè introduce delle modalità particolari per la esplicazione dell'incidente probatorio. La cosa più interessante - secondo il prof. Giarda - è l'affermazione secondo la quale le dichiarazioni testimoniali devono essere documentate integralmente e le registrazioni devono essere conservate gelosamente e messe a disposizione di tutti i difensori: non bastano le trascrizioni fatte coi brogliacci della polizia giudiziaria, anche se nessuno vuol mettere in dubbio che gli organi di P. G. facciano il loro dovere.

Se l'importanza dell'accertamento dei presupposti dello stalking è l'audizione diretta di chi fa queste dichiarazioni, allora non basta la trascrizione verbale, cartacea, bisogna sentire direttamente: il contesto entro cui certe dichiarazioni vengono fatte risulta fondamentale! Certe affermazioni possono essere il frutto non di un'esperienza diretta ma di un'esperienza indotta. È importante - ha sottolineato il Relatore - tenere presente questa garanzia che il legislatore ha voluto.

Altra cosa significativa è la modifica intervenuta, sempre nell'ottica di maggiore necessità di valutare la credibilità del teste, con la norma di cui all'art. 498, comma 4° ter, che stabilisce che l'esame del minore vittima del reato, ovvero del maggiore infermo di mente vittima del reato, venga effettuato mediante l'uso di un vetro a specchio unitamente ad un impianto citofonico, proprio per evitare che il rapporto con lo stalker possa rendere non attendibile la ricostruzione dei fatti stessi.

E' importante tener presente - ha notato il Relatore - che il legislatore si è preoccupato di tutelare la parte offesa o vittima del reato ma anche la persona che risulta indagata, ponendo l'accento sulla necessità di una valutazione molto equilibrata delle dichiarazioni della persona che risulterebbe offesa da reato.

_ La sentenza della Consulta _

Il Relatore ha reso edotta l'assemblea di una sentenza della Corte Costituzionale recentissima che si è occupata del profilo della pubblicità dei procedimenti che riguardano le misure antidelitto, quindi le misure di prevenzione. Tra le eccezioni che erano state formulate vi era anche quella dell'illegittimità costituzionale del procedimento che si svolge in Camera di consiglio e non nel rispetto della pubblicità: ebbene, con quella sentenza la Corte ha preso in esame per la prima volta una questione di metodo che sarà fondamentale.

Siccome il trattato di Lisbona fa parte delle norme che si possono chiamare comunitarie, qualcuno ha detto che dovrebbero applicarsi in via diretta, al punto da consentire ai Giudici italiani la disapplicazione della legge ordinaria che sia in contrasto con il Trattato di Lisbona. Tale tesi è condivisa dal prof. Giarda, che tuttavia ha notato come la Corte Costituzionale con questa sentenza, che è recentissima (1), abbia detto che questa impostazione non può essere accolta: le norme che possono rappresentare il termine di riferimento normativo per la disapplicazione della legge ordinaria devono essere norme che attengono direttamente alla struttura dell'Unione e non devono essere quelle norme che riconosciute dall'Unione attengono viceversa ai diritti individuali. (2)

Per questo - ha concluso il Relatore - il discorso circa la necessità di aver presente le norme del Trattato di Lisbona e della Carta dei diritti fondamentali di Nizza non può che portarci ad eccezioni di incostituzionalità davanti alla Corte e non consentirebbe a nessun giudice una disapplicazione diretta delle norme.

(1) Corte Costituzionale, 11 marzo 2011, n. 80 (Pres. De Siervo – Rel. Frigo)

(2) Nella sentenza richiamata alla nota 1, la Corte italiana ricorda che la Carta dei diritti all’art. 51, titolo VII, "stabilisce, al paragrafo 1, che «le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione»; recando, altresì, al paragrafo 2, una statuizione identica a quella della ricordata Dichiarazione n. 1. Ciò esclude, con ogni evidenza, che la Carta costituisca uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze dell’Unione europea, come, del resto, ha reiteratamente affermato la Corte di giustizia, sia prima (tra le più recenti, ordinanza 17 marzo 2009, C-217/08, Mariano) che dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (sentenza 5 ottobre 2010, C-400/10 PPU, McB; ordinanza 12 novembre 2010, C-399/10, Krasimir e altri). Presupposto di applicabilità della Carta di Nizza è, dunque, che la fattispecie sottoposta all’esame del giudice sia disciplinata dal diritto europeo – in quanto inerente ad atti dell’Unione, ad atti e comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto dell’Unione, ovvero alle giustificazioni addotte da uno Stato membro per una misura nazionale altrimenti incompatibile con il diritto dell’Unione – e non già da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto".

 

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