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04 settembre 2011
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Cassazione su ricusazione del giudice penale : procedimento ne segue le sorti
di Annalisa Gasparre*

LE SEZIONI UNITE SULLA RICUSAZIONE DEL GIUDICE PENALE: LA DECISIONE EMESSA DAL GIUDICE RICUSATO SEGUE LA SORTE DEL PROCEDIMENTO DI RICUSAZIONE

Cass. Sez. Un. Sent. n. 23122 27.01.2011 – 09.06.2011 – Pres. G. M. Cosentino – Rel. M. S. Di Tomassi

La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione da parte della I sezione penale concerneva la determinazione dell’ “esatta interpretazione da dare al divieto di cui all’art. 37, comma 2, cod. proc. pen., alla stregua del quale ‘il giudice ricusato non può pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione’ se cioè trattasi di divieto di carattere assoluto e tale da far luogo ad una nullità ai sensi dell’articolo 178, comma 1 lett. a) del codice di rito, ovvero se trattasi di carattere solo relativo ed alternativo, da ritenere cioè sussistente solo in caso di eventuale rigetto o di declaratoria d’inammissibilità della dichiarazione di ricusazione”.

Detto in altri termini: la pronuncia del giudice ricusato è in ogni caso nulla o dipende dall’esito del procedimento di ricusazione? Sul punto si registrava un contrasto giurisprudenziale, richiamato dall’ordinanza di rimessione alle sezioni unite che può sintetizzarsi come segue.

Secondo alcune sentenze la decisione emessa in violazione del divieto deve ritenersi nulla ai sensi dell’art. 37 comma 2 c.p.p., solo se la dichiarazione di ricusazione è accolta; al contrario, rimane valida se la dichiarazione di ricusazione è dichiarata inammissibile o rigettata. Secondo un altro filone, il divieto di cui all’art. 37 c.p.p. è da considerarsi tassativo e impone di attendere l’esito del giudizio incidentale di ricusazione, impedendo qualsiasi attività al giudice. La sua violazione, attenendo alla incapacità del giudice, comporterebbe nullità.

La violazione dell’art. 37 c. 2 c.p.p. secondo cui “il giudice ricusato non può pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione”, non è accompagnata da alcuna espressa sanzione di nullità. Occorre pertanto chiedersi se sia affetta da nullità la decisione che definisce il procedimento assunta da giudice ricusato nelle more del procedimento di ricusazione, nel caso in cui la dichiarazione di ricusazione sia inammissibile o infondata.

Il Collegio condivide la soluzione maggioritaria che individua nell’esito del giudizio di ricusazione una causa di validità o nullità secundum eventum della decisione irritualmente adottata dal giudice ricusato in pendenza della ricusazione medesima. In altre parole: l’accoglimento della ricusazione rende invalida la decisione assunta, di contro, il rigetto o l’inammissibilità la rendono valida. La ratio di una simile soluzione è ravvisata nel fatto che – mancando una specifica sanzione – l’invalidità dell’atto sancita dalla norma risiede nella necessità di incidere sulla capacità del singolo giudice “per e nel singolo processo”: per questi motivi, l’incapacità “non può dipendere dalla mera esistenza di una denunzia di parte, ma richiede un accertamento ab externo”.

Dopo aver scolpito i principi e le garanzie costituzionali in materia di imparzialità, neutralità e naturalità del giudice (artt. 24, 101 e 111 Cost.), il Collegio afferma che “una invalidità per incapacità da carenza di potere dei provvedimenti decisori assunti dal giudice ricusato, non può che dipendere dalla circostanza che dell’imparzialità – omissis – sia effettivamente accertato il difetto”. Al contrario, fare derivare l’incapacità del giudice dalla mera esistenza di una ricusazione da parte dell’interessato determina un ingiustificato sacrificio del corretto svolgersi del processo, della ragionevole durata e una deviazione ingiustificata nell’individuazione del giudice (naturale) precostituito dalla legge.

In definitiva, il divieto previsto dall’art. 37 c. 2 c.p.p. integra un difetto temporaneo di potere giurisdizionale, limitato alla pronuncia della sentenza, la cui validità va peraltro rapportata all’esito del procedimento di ricusazione (appunto: secundum eventum).

In sintesi: un incisivo stop all’utilizzo di uno strumento eccezionale quale la ricusazione del giudice, finalizzato a garantire l’imparzialità del giudice (e l’apparenza della sua imparzialità) per scopi alieni, cioè per sospendere ogni processo decisionale di cui sia investito un giudice-persona fisica non gradito alla parte privata, sospensione che si pretende legittima quand’anche la censura si riveli poi inammissibile o infondata nel giudizio sulla ricusazione (di cui sono investiti giudici-organi diversi).

* esperta di diritto penale e procedura penale, membro del Comitato tecnico-giuridico dell'Osservatorio


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