![]() ![]() |
|||
06 maggio 2007
|
|||
![]() |
![]() |
||
![]() |
![]() |
||
Infedelta'
patrimoniale : problematiche e conclusioni 7. Le problematiche dell'infedeltà patrimoniale in ordine al regime di procedibilità e in materia di successione di leggi nel tempo. Sui nuovi reati societari, l'attuale decreto legislativo n.61 del 2002 introduce un'importante novità in materia procedurale consistente, così come disposto anche nell'ultimo comma dell'art. 2634 c.c., nella perseguibilità a querela della persona offesa e cioè della stessa società. Nel panorama giuridico internazionale l'elemento della perseguibilità a querela è assolutamente raro, gli unici da cui il nostro legislatore ha preso spunto sono gli spagnoli, ma con la differenza che nell'ordinamento giuridico spagnolo i reati societari sono perseguibili a denuncia. Come ben sappiamo, c'è diversità tra denuncia e querela, in quanto quest'ultima si caratterizza per la possibilità di remissione della stessa, che potrebbe verificarsi quando nonostante il danno cagionato, i responsabili non vengano perseguiti in quanto, dopo la presentazione della querela questa viene rimessa dall'interessato per esempio a seguito di un accordo con i responsabili. La penultima versione del decreto legislativo di riforma approvato l'11 gennaio 2002 prevedeva che l'esercizio della querela avvenisse dietro mandato dell'assemblea. Rendere tale organo arbitro della tutela penale della società è però passaggio pieno di insidie. Infatti, può accadere che l'assemblea appoggi le scelte dell'amministratore di avvantaggiarsi personalmente attraverso la strumentalizzazione dell'ufficio ricoperto, magari quando siano accompagnate dalla promessa di benefici indiretti per la società o anche solo per la sua maggioranza assembleare. Ovviamente si tratterà di "patteggiamenti sottobanco" che da un lato comprometteranno la trasparenza nella gestione della società, dall'altro lasceranno indifese le minoranze che non partecipino agli accordi spartitori con gli amministratori. Ma il vero paradosso di questo schema preliminare del decreto legislativo consisteva nel fatto che tali posizioni soggettive, interne alla società, risultavano essere meno tutelate di coloro che erano estranei alla società. Infatti, nel caso in cui l'amministratore avesse danneggiato dei beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi si riconosceva la titolarità della querela, mentre, nell'ipotesi in cui il bene appartenesse alla società si doveva far ricorso all'assemblea che provvedeva alla nomina di un curatore speciale. Così al fine di ampliare la titolarità del diritto di querela superando la titolarità esclusiva del curatore speciale, nella versione finale dell'art. 2634 c.c. ultimo 60 comma, si fa riferimento "alla persona offesa dal reato", confermando in tal modo la formulazione generale del codice penale. Per quanto riguarda invece la "persona offesa" dal reato, essa coincide con il titolare del bene giuridico direttamente tutelato dalla norma, che nel delitto in esame è il "patrimonio della società" il quale non corrisponde al patrimonio dei creditori, visto che nella generalità dei casi essi, a seguito dei danni patiti dalla società, non subiscono alcun pregiudizio patrimoniale (eccetto l'ipotesi in cui la lesione all'integrità patrimoniale della società sia tale da comprometterne la solvibilità, o comunque sia praticamente tale da influire sulla funzione di garanzia patrimoniale dei beni della società). In realtà, tra i soggetti legittimati all'esercizio della querela il legislatore delegato non ha incluso i soci. Questa mancata previsione di tutela diretta dei soci non può essere superata con la mera 61 constatazione che il danno cagionato al patrimonio della società si riflette anche sui soci, poiché, affermare che questi possano subire un danno patrimoniale causato dalla condotta infedele degli amministratori genera una confusione tra la figura del danneggiato e quella della persona offesa. Quindi, la "persona offesa" dal reato, quale titolare del diritto di querela così come prevede il comma 1 dell'art. 2634 c.c. inerente appunto all'ipotesi di beni della società, riguarda la società. Per quanto concerne invece le problematiche in materia di successioni di leggi nel tempo, si deve escludere completamente qualsiasi forma di continuità normativa tra la previgente disciplina del conflitto di interessi (art. 2631 c.c.) e l'attuale fattispecie d'infedeltà patrimoniale. L'unico elemento in comune tra le due incriminazioni è il riferimento ad una situazione di conflitto d'interessi, mentre si differenziano riguardo: alle tipologie di offese sanzionate 62 (un mero pericolo nell'art. 2631 c.c., un effettivo danno nel reato d'infedeltà patrimoniale); alle condotte (formale partecipazione ad una delibera nel primo caso, atto di disposizione patrimoniale nel secondo); alla struttura dei reati (di mera condotta il primo, di evento il secondo); all'elemento soggettivo (dolo generico nel primo caso, dolo specifico/intenzionale-diretto nel secondo). Quindi le due norme sanzionano fatti diversi, di conseguenza, riguardo all'art. 2631 c.c. si deve ritenere intervenuta un'abolitio criminis sulla base del secondo comma dell'art. 2 c.p. Più difficili sembrano i rapporti della fattispecie speciale d'infedeltà patrimoniale con il delitto di appropriazione indebita disciplinato dall'art. 646 c.p. di cui, come in precedenza sostenuto, la giurisprudenza si è più volta servita per sanzionare quelle condotte di gestione sociale considerate illegittime. Parte della dottrina sostiene che tra il delitto d'infedeltà patrimoniale di cui all'art. 2634 c.c. ed il 63 reato di appropriazione indebita esiste un rapporto di specialità, di conseguenza sulla base dell'art. 15 c.p., qualora ricorrano i requisiti tipici della fattispecie d'infedeltà risulterà quest'ultima la norma applicabile. Gli elementi specializzanti dell'art. 2634 c.c. rispetto all'art. 646 c.p. in sostanza sono:
Attualmente però, riguardo alle ipotesi di gestione abusiva non riferibili al nuovo art 2634 c.c., come per esempio nel caso di mancanza del dolo intenzionale diretto, del presupposto del conflitto d'interessi o del danno patrimoniale, sussiste il dubbio circa la possibilità di continuare ad utilizzare in questi casi la fattispecie di cui all'art. 646 c.p. Il ricorso all'applicazione di tale incriminazione in mancanza degli elementi caratterizzanti l'infedeltà patrimoniale causerebbe un grave effetto d'irrazionalità nella disciplina, in quanto condurrebbe ad una perseguibilità ex officio sulla base dell'art. 646, comma 2, c.p. (trattandosi di appropriazioni indebite in re ipsa aggravate dall'art. 61 n.11 c.p., ossia dall' "abuso delle 65 relazioni d'ufficio") delle ipotesi meno gravi di abuso dei beni sociali poste in essere dagli amministratori. Quindi l'unico modo per rimuovere questa irrazionalità consiste nel ritenere che il legislatore abbia voluto attribuire rilevanza penale alle sole infedeltà patrimoniali che presentino gli elementi specializzanti dell'art. 2634 c.c., sottraendo l'intera materia all'art. 646 c.p. che ormai ha esaurito il suo compito, dopo essere stata per anni la sola norma di cui la giurisprudenza si è servita al fine di colmare questa mancanza di tutela. CONCLUSIONI Una considerazione importante sul nuovo art. 2634 c.c.: opportuno sembra il riferimento che il legislatore fa alla situazione di conflitto di interessi, peraltro già disciplinata dall'abrogato art. 2631 del codice civile; delude invece la riforma nel momento in cui introduce la perseguibilità del reato a querela della persona offesa. Sotto questo aspetto, il modello italiano costituisce un unicum nel panorama giuridico internazionale; e se è vero che anche in Spagna i reati societari non sono perseguibili d'ufficio, è anche vero che in primo luogo la legge spagnola prevede come regola generale quella della perseguibilità del reato a denuncia, e quindi diversa dalla querela di parte; in secondo luogo esistono casi in cui il legislatore iberico prevede anche la procedibilità d'ufficio, vale a dire quando il reato societario riguarda la generalità dei consociati oppure una pluralità di persone. 67 Interessante è ancora il raffronto tra il modello italiano e quello spagnolo, non tanto per il trattamento sanzionatorio (reclusione fino ad un massimo di 3 anni nel primo, fino a 4 nel secondo), quanto per l'istituto della prescrizione; infatti mentre nel nostro sistema non esiste nessun temperamento, nessuna "valvola di compensazione" atta a garantire che i procedimenti penali "si facciano" e non si chiudano con prescrizione, il codice penale spagnolo prevede invece che il termine prescrizionale si sospenda quando inizia il procedimento penale. Se pensiamo che dal 1995, anno di entrata in vigore del nuovo codice penale, ad oggi, in Spagna, non c'è stata nessuna condanna per reati societari, e questo non perché i dirigenti spagnoli siano tutti onesti, abbiamo già un'idea chiara di quali possano essere le chances di successo di un sistema penale ancora più garantistico come è quello italiano. Infine al fatto che il legislatore italiano sia stato fin troppo "morbido", quanto al 68 trattamento sanzionatorio ed alla disciplina della prescrizione, si aggiunge una riforma del diritto societario gravemente lesiva dei diritti degli azionisti minoritari, e a tutto vantaggio degli amministratori e dei gruppi di controllo. Sempre in tema di sanzioni appare alquanto strano che l'infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, cioè la "corruzione privata", sia punita in maniera meno grave rispetto all'infedeltà patrimoniale, pur presentando in più il requisito della corruzione: non avrebbe forse meritato un trattamento più severo? A tutt'oggi la contraddizione resta ed appare insanabile. Un'ultima critica riguarda il passaggio dal reato di pericolo a quello di danno: data la difficoltà di individuare un danno, e soprattutto un nesso di causalità, in tutte le fattispecie di reati societari, non sarebbe stato meglio conservare nella 69 materia penale commerciale il modello principe del reato di pericolo? BIBLIOGRAFIA ACCINNI G.P., Profili penali del conflitto di interressi nei gruppi di società, in Riv. soc. 1991. ALDOVRANDI P., Infedeltà patrimoniale, in I nuovi reati societari: diritto e processo, a cura di Alessio Lanzi-Alberto Cadoppi, Cedam Padova 2002, p.126-154. ALESSANDRI A., I nuovi reati societari: irrazionalità ed arretramenti della politica penale nel settore economico, in Questione Giustizia 2002 n. 1. ALESSANDRI A., I nuovi reati societari: riflessioni sul danno patrimoniale, in Diritto e pratica delle società, luglio n. 2 2002, p. 7 s. ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Leggi complementari. I- I reati societari, bancari di lavoro e previdenza. XII edizione aggiornata e integrata da L. Conti,. Giuffrè 2002, p. 259 BISSARA P., L'intérêt social in Revue des sociétés 1999 p. 5 BOULOC B., Droit pénal des sociétés, in Gazette Du Palais, mars 2002. CAPELLO P., Dolo e colpa nei reati societari, tributari fallimentari, Cedam 2002, p.241-259. 71 CERVIO E., Così le delibere scoprono una disciplina specifica, in Guida al diritto n.2-2003, p. 72. CHAMPAUD C., Quand la justice cherche sa voie: l'abus de biens sociaux, in Droit et patrimoine 1997, p.-56-61. CHIUSANO V., Gli illeciti penali, in Convegno la riforma del diritto societario, Torino, 29 ottobre 2001, Torino, Eutekne 2001, p. 125. CICCIA A., I nuovi reati societari, 2002, p.74-82. CONTI L., La riforma dei reati societari: ovvero della licenza nella contabilità delle imprese, in Riv. trim. dir. pen econ., giugno 2002 p 111-121. CONTI L., Responsabilità penale degli amministratori e politiche di gruppo,in Riv. trim. dir. pen econ 2002. DELITATA, I reati concernenti le società di commercio e la legge Rocco del 1930, in Riv. Dir. Comm., Parte I 1931. ELLERO R. NORDIO C., Reati societari e bancari, Cedam 1998, p. 214-228. FLICK G.M., Attività bancaria e pubblico servizio: i termini attuali del dibattito, in Riv. società, 1982, cit. 750 s. FOFFANI L,. L'infedeltà patrimoniale e conflitto di interessi nella gestione di impresa, Giuffrè Milano 1997 p. 365. 72 FOFFANI L., Le fattispecie di infedeltà patrimoniale degli organi sociali: conflitto di interessi ed illeciti rapporti patrimoniali, in Giurisprudenza sistematica di diritto penale N. Mazzacuva UTET 1990, p.222-223. FOFFANI L., Rilievi critici in tema di riforma del diritto penale societario, in Dir. Pen e Proc, n.10/2001, .p. 1193. MACCARI A.L., Infedeltà patrimoniale, in I nuovi illeciti penali ed amministrativi riguardanti le società commerciali, a cura di Fausto Giunta, Torino Giappichelli 2002, p.149- 167. MUSCO E., Gli amministratori disonesti producono sanzioni alle società, in Diritto e Giustizia 2002 n. 15. MUSCO E., I nuovi reati societari, Giuffré, 2002, 129-161. NAPOLEONI V., Infedeltà ed abusi di potere, Milano Giuffrè 1992. ROSSI G., Il conflitto epidemico,Adelphi Edizioni 2003. ROSSI-PECORELLA, Italia, paradiso "off-shore"?, in Micro Mega, 2001, fasc. 4, p. 190 s.. ___________ NB:
I CONTENUTI DEL SITO POSSONO ESSERE PRELEVATI CITANDO L'AUTORE
E LINKANDO
|
Reati finanziari: rapporto britannico suggerisce pene piu' pesanti |