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"Russi alla guerra": qualità del dibattito in Italia è scadente
di
Paolo Mossetti
La settimana scorsa, la decisione della Biennale di Venezia di proiettare il film Russians at War è stata accolta dagli sciami atlantisti più radicali online con un'ondata di rabbia.
Il festival è stato accusato, da chi non aveva neppure visto il documentario, di essersi venduto al Cremlino e molti hanno parlato di un «lavoro di propaganda» che non sarebbe dovuto essere proiettato. Diversi progressisti si sono eclissati.
L'idea che il documentario fosse stato girato su un territorio occupato e quindi «illegale» ha fatto dimenticare che il medesimo criterio è utilizzato dal Cremlino per censurare l'opera dei giornalisti italiani embedded con gli ucraini a Kursk. Delle community notes iper-politicizzate hanno preso il sopravvento. Ciò che non piaceva non doveva esistere.
Vale la pena però leggere la dichiarazione che qualche giorno fa il Toronto International Film Festival - una delle rassegne più prestigiose e importanti al mondo - ha concesso alle medesime critiche, quando ha deciso di proiettare Russians at war.
È un monito sulla qualità scadente del dibattito in Italia, e non solo, sul liberalismo a fasi alterne di molti intellettuali e sui rischi di avere amici dell'Ucraina impreparati, rozzi, che adoperano due pesi e due misure e in definitiva pericolosi per l'Ucraina stessa.
«Questo documentario è una co-produzione ufficiale Canada-Francia, finanziata da diverse agenzie canadesi, sia a livello federale che provinciale.
A nostra conoscenza, è stato realizzato senza il coinvolgimento o la partecipazione di agenzie governative russe.
A nostro avviso, questo film non dovrebbe in alcun modo essere considerato propaganda russa. Pur comprendendo le preoccupazioni espresse da molti, riteniamo, come la Mostra del Cinema di Venezia e altri festival internazionali che hanno programmato il film, che questo documentario canadese meriti un posto nella nostra selezione...
[S]osteniamo il diritto degli artisti e dei lavoratori culturali di esprimere liberamente un commento politico equo e ci opponiamo alla censura... comprendiamo e sentiamo profondamente la sofferenza del popolo ucraino a causa di un'invasione russa illegale. Nel confrontarci con l'arte prodotta in questo momento politicamente delicato, ci lasciamo guidare dai valori democratici di libertà di coscienza».
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