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I bambini di Beslan
di
Rinaldo Battaglia *
Ma la sorpresa durò poco: gli assalitori dichiararono subito chi fossero e, sparando in alto all’impazzata, iniziarono a indirizzare tutti i presenti nella scuola verso la piccola palestra. Nella confusione e disperazione di questi più totali ed esasperate, tanto che almeno 65 ostaggi, in quel momento, riuscirono a scappare dal cortile della scuola e a rivolgersi in fretta alla vicina polizia.
E qui iniziarono le reazioni - nettamente impreparate, scomposte ed inadeguate - delle forze dell’ordine coi primi morti negli scontri a fuoco. Ma se la polizia non era pronta e capace, i terroristi avevano le idee chiare e nessuno scrupolo.
Gli ostaggi – in quel momento, lo ricordo, ben oltre i 1200 – vennero privati dei telefonini e minacciati che, se nel caso qualcuno fosse stato trovato con un telefono, sarebbe stato immediatamente ucciso assieme ad altri tre, quelli più vicini e quindi presumibilmente i suoi familiari. Venne ordinato a tutti di stare assolutamente zitti e, quando solo se interrogati, parlare solamente e sempre in russo. Altrimenti chi non rispettava sarebbe stato ammazzato, sul posto, all’istante.
Lascio pensare a voi come si riesce a far tacere, anche solo per l’agitazione, centinaia di bambini di soli sei anni. Fu lì che un ostaggio, molto stimato a Beslan, Ruslan Betrozov, si offrì (o forse venne incaricato dai terroristi) di calmare gli animi più ‘disperati’ e meno ‘controllati’ e di tradurre in russo chi conosceva solo la lingua locale, in uso da sempre in quella zona del Caucaso e che nemmeno Stalin era riuscito ad eliminare.
Anche fra i terroristi, non mancarono le persone agitate e ‘non controllate’.
Dopo un paio di ore, vennero presi dalla palestra un gruppo di ostaggi (una ventina di uomini) portati fuori stanza e lì uccisi come bestie. Era un messaggio verso tutti: autorità, sequestrati e – perché no – sequestratori. I corpi degli uccisi vennero fatti gettare da altri ostaggi fuori dalle finestre come immondizie, in modo che la polizia si rendesse conto della ‘reale’ realtà, e persino alcuni piccoli bambini furono, sotto la minaccia delle armi, costretti a pulire il sangue dal pavimento.
Criminalità allo stato puro.
Solo allora, in colpevole ritardo, le forze dell’ordine cominciarono a muoversi, facendo arrivare sul posto le squadre speciali dell'esercito russo (unità Vympel, membri delle forze OMON e del Gruppo Alpha). In colpevole ritardo, perché lo stesso governo di Mosca sottovalutò l’assalto alla scuola (le prime poche ambulanze arrivarono molte ore dopo) informando i media che al massimo nell’edificio vi erano ‘soltanto’ 354 ostaggi.
Come scrissero, subito dopo la conclusione dell’assalto, sia giornali esteri ( come il Los Angeles Times del 3 settembre 2004) o interni (Novaya Gazeta del 6 settembre) l’inadeguata informazione e quindi la mancata ‘pubblicizzazione mediatica’ dell’azione terrorista - sicuramente uno degli obiettivi del commando islamico/ceceno sullo stile delle Torri Gemelle di soli 3 anni prima - non fece che peggiorare la situazione degli ostaggi. Se per attirare le attenzioni dei media bisognava esagerare con le atrocità, così si fece.
Venne minata la palestra, furono posizionati esplosivi nei punti nevralgici della scuola, minacciando di far saltare tutto se il governo russo avesse ordinato un’azione della polizia o dell’esercito.
Fu allora che, forse accidentalmente, forse cercandolo, una delle donne del commando fece detonare la sua cintura esplosiva, provocando la morte di 3 terroristi ed un numero imprecisato di ostaggi (almeno una decina).
Secondo un servizio datato 1 giugno 2005 della CBC News, l'esplosione fu causata dal comandante del gruppo terroristico, (un certo Ruslan Tagiroviè Chuèbarov di cui poco o nulla si conosce), che “gestiva a distanza le cinture esplosive indossate dai suoi complici, in modo da poter uccidere i membri del suo commando che avessero disobbedito o che avessero mostrato di non essere in sintonia con le sue decisioni o, ancora, per intimidire altri possibili dissidenti”.
L’esplosione portò ad una modifica nella strategia del governo russo: venne ufficializzato che non avrebbe utilizzato la forza per salvare gli ostaggi e dette avvio a serie trattative con gli assalitori, individuando un esperto pediatra - Leonid Rošal' – accettato da tutti, quale mediatore (nell'ottobre del 2002 Rošal' era stato chiamato per il rilascio dei bambini durante il sequestro nel teatro Dubrovka a Mosca).
continua
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio
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