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03 settembre 2024
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I bambini di Beslan
di Rinaldo Battaglia *

(...)Ma poi l'esercito si fece avanti e gridavamo "Assassini!
Fermatevi! Non vedete! Noi siamo i bambini!"
Fino a che tutto diventa rosso e non si può più guardare
tutto diventa rosso e non si deve guardare
Non c'era strada per andare avanti non c'era strada per ritornare
Non c'era rotta nè direzione da recuperare
Solo il vestito del violinista come una macchia più scura
come un fantasma nella foresta dentro la nostra paura
E d'improvviso fu tutto fermo nell'immanenza del temporale
quando l'effimero divenne eterno come una statua di sale
Quando il vestito del violinista fu seppellito nel cielo
come un'immagine una pittura, come qualcosa che non era vero
Così sentimmo nell'aria forte la ridondanza delle campane
come un ricordo che faceva piangere, come l'odore del pane
Come vedere spuntare il sole dall'altra parte del muro
e falegnami e filosofi fabbricare il futuro.”

Francesco De Gregori pubblicò, nel 2005, questa canzone (‘Il vestito del violinista’) riferendosi alla strage del 3 settembre 2004 nella scuola di Beslan.

Poco si è sempre saputo, anche 20 anni dopo, di ‘quei bambini che scappavano’ e ‘l'efferatezza degli assassini’ che li sparavano contro. Si parla di 386 morti (331 furono solo gli ostaggi uccisi) e tra questi ben 186 erano proprio bambini, cuccioli d’uomo in età scolare. Per non menzionare i feriti: oltre 730 si disse. Un macello, un massacro, un inferno. Non esistono nel vocabolario parole più idonee.

Tra il 1° e il 3 settembre 2004, oltre 1200 persone furono, infatti, sequestrate da un commando di fondamentalisti islamici e separatisti ceceni all’interno della scuola Numero Uno di Beslan, nell'Ossezia del Nord, una repubblica autonoma nella regione del Caucaso della Federazione Russa. L’occupazione della scuola (furono quasi tutti trattenuti nella palestra dell’istituto di soli 250 metri quadrati), durò 3 lunghi giorni. Con continue sparatorie, fughe più o meno riuscite, trattative più o meno fallite.

Alla fine, in quel maledetto 3 settembre, tutto fu vano e tragico: da una parte i terroristi fecero esplodere almeno due bombe all’interno della palestra e dall’altra l’irruzione e lo scontro a fuoco dei militari delle forze speciali russe, per ordine diretto – si disse - di Putin. Veramente, anche dopo 20 anni, poco si sa della dinamica di quel crimine. E quel poco che si conosce è contornato ancora da incertezze, mancanza di prove certe e riscontri oggettivi. Di conseguenza tutto è opinabile e spesso tutto si veste dai colori di partito o dalle ‘tifoserie’ più o meno serie come fosse stata una partita di calcio.

Si sa solo che tutto ebbe inizio il 1º settembre 2004, è la data già di per sé stessa è da criminali perché a Beslan - come in tutta la Russia - era il ‘primo giorno’ dell'anno scolastico, chiamato lì il "Giorno della conoscenza".

I bambini, da decenni, in quella giornata vengono accompagnati a scuola dai genitori, nonni e parenti, come fosse una festa perchè per i bambini di festa deve essere. Secondo la tradizione russa, i bambini del primo anno – le piccole matricole – portano da casa un fiore e lo donano, quale ringraziamento, a quelli più grandicelli che iniziano l’ultimo anno della scuola primaria e sono questi che quel giorno prendono per mano i piccolini e li accompagnano dentro le loro future aule. Insegnando loro con gioia le nuove regole e regalando la loro piccola esperienza. Un gioco di inserimento nella vita dei grandi si vorrebbe dire, come fosse un piacevole gioco.

E così doveva avvenire quel giorno a Beslan e magari le mamme e le nonne avevano già pronti i fazzoletti bianchi per raccogliere, di nascosto, le loro lacrime nel vedere i piccoli che iniziavano a diventare grandicelli.

E la ‘Numero Uno (SNO)’ era la scuola principale dei 7 istituti della cittadina, dove allora ben 59 insegnanti istruivano e formavano i ragazzi dai 6 ai 18 anni, divisi nelle varie fasce di età. Era un posto sicuro e tranquillo, anche perché costruito vicino alla sede della polizia locale. Un posto a cui mai nessun uomo sano di mente avrebbe pensato di mettere in atto una strage o un attentato e tanto meno, in quella data, con un afflusso così imponente di persone presenti (solo gli studenti – bambini e ragazzi - risultavano sulle 900 unità). Nessun uomo sano di mente o forse nessun ‘uomo’ se ‘uomo’.

Perché quel giorno, alle 09:30 spaccate, la bestialità più diabolica prese possesso di 32 persone, che – tutte bene armate e alcune addirittura dotate anche cinture esplosive - assaltarono la scuola. Avevano tutte la faccia coperta da passamontagna e giunsero senza alcun problema, usando persino un automezzo della polizia e un furgone rubato in precedenza a dei soldati della zona. Qualche superstite dichiarerà che, all’inizio, il commando dei terroristi venne scambiato per un gruppo di forze speciali russe, impegnate in qualche esercitazione militare. Non era una novità.

continua

* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell'Osservatorio


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