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Tornano i simboli dell'URSS: stizziti i governi occidentali
di
Guglielmo Mengora
Parafrasando un vecchio film, paura e delirio a NATOlandia.
Per la 33esima edizione della sua festa d'Indipendenza dall'URSS, il Kyrgyzstan ha inserito nella piazza principale, a Bishkek, i ritratti di Brezhnev, Stalin e Lenin che con l'URSS qualche connessione invece la hanno.
Il concerto principale è stato tenuto da diversi cantanti russi, quelli che molti commentatori stizziti hanno chiamato i "I cantanti Z" e anche da una italiana (Ingrid Alberini), molto popolare nell'Europa dell'Est.
Reazioni stizzite da parte delle cancellerie occidentali.
A parte la simbologia più ovvia, c'è un altro significato ancora più importante: Brezhnev è stato colui che ha dato l'autonomia al Kyrgyzstan con la creazione dell'oblast omonimo ma Brezhnev è anche nato e cresciuto nella repubblica socialista sovietica ucraina.
Se volete, siete di fronte ad uno dei pochi fallimenti politici di Putin: per due decenni il presidente russo ha cercato di riunire il mondo ex-sovietico e la Russia attorno alla figura degli Zar (Pietro il Grande, Caterina II etc.) fallendo miseramente. Ora ci sta provando con la religione ortodossa ma con i limiti di uno stato composto da 159 etnie e decine di religioni diverse.
C'è una sola unica eredità comune per questi popoli. I soldati che entrano nelle città devastate dai nazifascisti ucraini ricostruiscono le statue di Lenin, le bandiere rosse sventolano in molti villaggi liberati nel Donbass.
Alla leadership russa questo non fa impazzire ma i russi sono pragmatici.
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