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26 aprile 2008
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Omicidi
e pena di morte : lettera aperta al sindaco di Verona Ho sentito che dopo l'omicidio Luigi Meche e Luciana Rambaldo, Lei ha dichiarato che "ci vorrebbe la pena di morte". A parte che per comminare la pena di morte, come qualsiasi altra pena, occorre prima prendere il colpevole e, a quanto mi risulta, in Italia circa l'80% dei reati rimane impunito perché non si riesce a trovare gli autori, mi premeva ricordarLe che nel nostro Paese la pena di morte, per fortuna, è stata bandita dal codice penale. Considero questa una conquista di civiltà, convinto come sono che l'effetto deterrente della pena non sia assolutamente legato alla sua ferocia ma semmai alla certezza del diritto. Per essere più precisi - e come ha insegnato Cesare Beccaria - allo scopo di persuadere le persone a non commettere reati è necessario che i cittadini siano convinti dell'ineluttabilità di essere sanzionati o puniti una volta scoperti ed essere riconosciuti colpevoli dopo un giusto processo. Per l'omicidio volontario aggravato la pena in Italia è l'ergastolo: penso che sia una pena pesantissima ed assolutamente proporzionata alla gravità del reato considerato. Ma non è solo questo il punto. Ciò che mi premeva dirLe è che il partito a cui Lei appartiene, durante il quinquennio 2001-2006 è stato coautore di provvedimenti in materia di giustizia che hanno demolito "de facto" il principio beccariano della certezza della pena con la conseguenza automatica di rendere il processo penale un arnese praticamente inservibile. Ci sono tanti esempi di provvedimenti "demolitivi" dei principi di civiltà giuridica, ma uno in particolare volevo sottoporlo alla Sua attenzione ed a quella dei cittadini-elettori perché, per la sua gravità, è stato da solo responsabile di immensi danni: mi riferisco - come forse Lei sa - alla legge ex Cirielli. Solo per
rendere l'idea di quello che sto dicendo, riporto un brano di un articolo
comparso su un grande quotidiano nazionale nel dicembre 2006: "Lei,
la bambina, adesso ha 19 anni e una nuova famiglia. Ma, ovviamente, non
ha mai dimenticato gli abusi subiti nella sua infanzia dal padre padrone. Proprio in quei giorni l'Unione delle Camere Penali annunciava uno sciopero contro la legge, che definiva «ingiusta, che va cambiata, che contiene norme incongrue, raffazzonate, contraddittorie ed è sorretta da un´idea della pena degna di uno stato autoritario». In un manifesto i penalisti spiegavano che la ex Cirielli «terrà in carcere solo i soggetti più deboli e vanificherà la funzione rieducativa della pena». Dov'era Lei, signor Sindaco, quando migliaia di criminali, ladruncoli, stupratori, borseggiatori, molestatori sessuali, scippatori, si sono visti aprire le porte della libertà grazie ad un provvedimento dissennato che ha seminato sfiducia ed insicurezza nella popolazione, tra le forze dell'ordine e la magistratura (che si sono accorti di aver lavorato inutilmente!) e, soprattutto, tra le vittime di quei reati? Gradiremmo saperlo, grazie.
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