NOTIZIARIO del 14 aprile 2004

 
     

Il terrorismo islamico in Italia e nel mondo
di Armando Spataro

Dalla relazione sul terrorismo islamico tenuta ad un incontro di studi del CSM da Armando Spataro, procuratore aggiunto e capo del pool antiterrorismo di Milano.

3. Il fenomeno del terrorismo islamico in Italia : cenni generali

Va subito precisato che sono stati numerosi gli aderenti ad organizzazioni terroristiche di matrice islamica condannati in questi ultimi anni in Italia, in alcuni casi anche in via definitiva; ma le loro condanne riguardano prevalentemente i reati di associazione per delinquere (art. 416 cp) finalizzate al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, al traffico di documenti di identità falsi etc. nonché, eventualmente, ad altri specifici reati-fine. Ciò dipende - è chiaro - dal fatto che il reato di associazione per delinquere con finalità di terrorismo anche internazionale è stato inserito nell'art. 270 bis cp con il D.L. 18.10.2001 n. 374, convertito nella L. 15.12.2001, n. 438.

Dunque, se anche nelle sentenze di condanna in questione viene esplicitamente riconosciuto che le condotte dei condannati rientravano nel programma criminale di associazione terroristiche di matrice islamica, tali condotte sono state sanzionate con pene meno gravi di quelle previste a partire dall'entrata in vigore dell'art. 270 bis cp. Ciò si deve specificare doverosamente visto che, di seguito, le persone alle quali si farà riferimento saranno spesso qualificate "terroristi" o "appartenenti ad associazioni terroristiche", pur in presenza di condanne che non le qualificano espressamente come tali per le ragioni suddette.

Sono numerosi, peraltro, i dibattimenti iniziati - o che stanno per iniziare - in varie sedi giudiziarie italiane, in cui le Corti d'Assise si accingono a valutare la sussistenza o meno proprio del reato previsto dall'art. 270 bis cp. Fatta questa premessa, sarà anche chiaro, alla luce del contenuto del paragrafo precedente che davanti agli inquirenti europei è presente una rete di cellule islamiste che non possono ritenersi - e di fatto non sono - strutturate rigidamente in un'unica organizzazione gerarchica con unica denominazione. Al contrario, i gruppi conservano la loro identità etnico-nazionale, così distinguendosi, ma restando in contatto, collaborando e specializzandosi: per esempio in Italia nella fabbricazione di documenti falsi, in Germania nel traffico di armi. Anche gli obbiettivi di ciascun gruppo, conviene sottolinearlo ancora, restano distinti.

Si configura dunque una confederazione informale di cellule, ognuna delle quali ha un referente chiamato "sceicco". Non si può quindi affermare, come spesso si legge sugli organi di stampa, che Osama bin Laden sia il loro capo e al-Qaida l'organizzazione cui essi fanno capo. Al-Qa'ida significa "la Base" : essa agisce come una sorta di centro di servizi, come un punto di riferimento. In cambio al-Qa'ida riceve sostegno in Europa, ovvero soldi e logistica. D'altronde nel 2002 sono gli stessi integralisti islamici a dirlo apertamente: "Dobbiamo comprendere che cos'è Al-Qa'ida. E' semplicemente una base, una struttura, attorno a cui ruotano dei gruppi che sono semi-autonomi" ("La Repubblica", 13.07.2002, pag. 8: dichiarazioni di Muhammad al-Mas'ari, già professore di fisica nelle università saudite, convertitosi per sua ammissione alla causa di Osama bin Laden).

Ed è lo stesso Bin Laden a smitizzarla. Conversando il 2.10.2001 con il corrispondente di Al-Jazira da Kabul, lo sceicco sostiene: "Le cose non stanno come le dipinge l'occidente, per cui ci sarebbe un'organizzazione con un nome specifico, al-Qa'ida. Questa denominazione è molto vecchia. E' nata senza che noi lo volessimo. Il fratello Abu 'Ubaida al-Bansiri creò (in Afghanistan) una base per addestrare i giovani a combattere il perverso, arrogante, brutale, terroristico impero sovietico (....). Quel campo di addestramento fu chiamato "la base" (al Qa'ida, in arabo: n.d.r.)". In senso più vasto la "base" era allora l'Afghanistan talibano, rifugio e riferimento sicuro per l'internazionale jidahista. Insomma,il marchio al-Qa'ida è oggi quello di un'azienda per la promozione della guerra santa, strutturata inizialmente verso la metà degli anni '80 a sostegno dei mujahidin che dal Pakistan filtrano in Afghanistan per combattere i sovietici; ma essa non assume mai forma piramidale. Lo stesso movimento jidahista, del resto, ha una struttura orizzontale, a rete, che aspira ad investire la intera comunità islamica (umma islamiyya).

Da un lato, dunque, sembra di trovarsi di fronte ad una vera e propria suddivisione del lavoro terroristico su base territoriale (al Qa'ida ha centri di addestramento dalle Filippine al Marocco, i musulmani integralisti europei sono ben radicati nel Vecchio Continente e quindi in grado di fornire a Bin Laden i supporti di cui ha bisogno), dall'altro ciò che si è rivelato determinante per il salto di qualità delle capacità d'attacco di tutti questi gruppi terroristici è stato il senso di appartenenza ad un'unica organizzazione internazionale, forte e capace di intimidire e colpire i Paesi considerati nemici: un senso di appartenenza favorito anche dalla comune frequentazione dei campi di addestramento, prevalentemente organizzati e finanziati da Bin Laden in Afghanistan. A proposito di questi campi va detto che, ovviamente, la loro organizzazione era ed è possibile solo entro stati (o pezzi di stati) allineati sulle strategie di Bin Laden, e quindi con l'appoggio da parte dei governi cui appartenevano i territori entro cui i campi erano installati. Infatti, dopo la guerra in Afghanistan, per l'organizzazione di Bin Laden non è stato più possibile mantenervi campi di addestramento, che, a quanto è dato di sapere, sono stati spostati altrove.

I terroristi islamici operanti in Italia, provengono soprattutto dall'area nord africana, anche se - come si dirà - vi è traccia di allarmanti presenze pakistane. Sono organizzati in cellule e conservano la loro specifica identità nazionale, dunque spesso perseguendo obbiettivi distinti, nazionali. Tuttavia collaborano tra loro e con gli altri fratelli all'estero; soprattutto si specializzano o tentano di farlo. Non c'è una chiara struttura gerarchica: la genesi di queste cellule fondate su base etnica risale agli anni Ottanta-Novanta. All'inizio degli anni Novanta si stabiliscono in Italia soprattutto gruppi di terroristi algerini. Essi utilizzano il nostro Paese come base logistica e per fare proselitismo. Ma si tratta di gruppi isolati che sfruttano i flussi migratori dei loro connazionali in Europa. Essi si innestano nelle comunità etniche per mimetizzarsi meglio, si radicano attorno a luoghi di culto, moschee e centri islamici.

Una presenza rilevante riguarda nel nostro Paese gli algerini del Gia (Gruppo islamico armato) e di Takfit w-al-Higra (Anatema ed Esilio), gli egiziani (al-Jihad e al-Gamà al-Islamia) ed i marocchini. Negli ultimi 4 anni in Italia, peraltro, numerosi ed importanti si sono rivelati gli integralisti tunisini, oppositori del regime di Ben Ali, ben radicati a Milano aderenti alla sigla del Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento . Si dirà appresso, comunque, di tutte le sigle comparse nelle inchiesta italiane, come quella di Ansar Al Islam e di altre di origine marocchina. Le indagini, in generale, hanno consentito di accertare le attività di copertura dei terroristi islamici: essi spesso sono imprenditori (prevalentemente impegnati in attività imprenditoriali autonome, come è stato per il gruppo milanese che aveva creato una società di servizi di pulizia a Gallarate e di cui si dirà appresso), commercianti, gestiscono aziende di import-export, call center etc . Ma vi sono anche professori, studenti, tecnici specializzati, artigiani, elettricisti, semplici manovali, disoccupati.

Attorno ad essi ruotano numerosi fiancheggiatori. Conducono un'esistenza al di sopra di ogni sospetto nelle periferie delle grandi città oppure nell'hinterland, dove è più facile mimetizzarsi. Le moschee continuano a rappresentare il punto d'incontro, il crocevia dei contatti delle varie cellule fondamentaliste presenti in Italia, ma di esse si dirà più approfonditamente appresso. Il ruolo delle cellule islamiche in Italia, finora, è stato principalmente di supporto logistico. Esse sono prevalentemente specializzate nella fabbricazione di documenti falsi, per gli altri gruppi, per se stessi, per gli aderenti al progetto di al-Qa'ida.

Le indagini milanesi, trovando importanti riscontri in elementi probatori acquisiti nel corso di indagini svolte in altre Procure della Repubblica ed anche in altri Paesi (europei e non), hanno dimostrato che l'attività del procacciamento e della circolazione di documenti falsi di buona fattura rappresenta una delle attività fondamentali per lo svolgimento - non solo ordinario - dell'attività terroristica. Avere la disponibilità di buoni documenti consente ai leaders terroristi (che devono mantenere continui contatti con le cellule periferiche), ovvero agli esecutori di possibili attentati, di girare per il mondo con pochi rischi. Non sono da escludersi neppure ipotesi di concorso esterno nell'associazione terroristica internazionale che riguarda i casi, già individuati nel corso delle indagini, di soggetti, non appartenenti alle associazioni, ma dediti professionalmente alla falsificazione di documenti d'identità che cedono continuativamente, dietro corrispettivo, a membri della "cellula terroristica" nella consapevolezza di tale loro appartenenza. Salvo rarissime eccezioni, non sono mai state trovate armi nella disponibilità di terroristi o presunti tali all'atto del loro arresto o delle perquisizioni subite.

Le cellule si autofinanziano svolgendo a volte anche attività di microdelinquenza (piccolo spaccio di droga, piccoli furti, etc.). Al contrario non vi sono prove certe di sostanziali finanziamenti provenienti dal "vertice" per lo svolgimento dell'attività quotidiana degli appartenenti a queste cellule o provenienti dal grande traffico di stupefacenti. Tanto ovviamente non vuol dire che non esistano centrali di finanziamento dell'attività del gruppo terroristico unitariamente considerato.

Fin qui, in termini generali, la descrizione dello stato delle conoscenze degli inquirenti e della P.G. sul fenomeno criminale in esame. Si rimanda alle specificazioni che seguono. Ma come vivono i terroristi islamici in Italia ? Hanno regole di vita in qualche modo assimilabili alle regole della clandestinità che vigevano per le Brigate Rosse ? E' interessante la lettura di alcuni brani degli "Studi Militari per la Jihad contro i Tiranni", titolo di una specie di manuale che sembra ormai certo sia stato adoperato da Osama bin Laden per preparare i terroristi della sua rete. Composto di 180 pagine fu trovato nella casa di un sospetto terrorista di Al-Qa'ida in Inghilterra, a Manchester, nel maggio del 2000.

(continua con il contenuto del documento)

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