NOTIZIARIO del 2 novembre 2003

 
     

Come giudicate la modifica del secondo comma dell'art. 68 della Costituzione, avvenuta nel 1993, che ha fatto venir meno la guarentigia parlamentare dell'autorizzazione a procedere? Ricordo che negli anni precedenti il 93, gli stessi comunisti ed i parlamentari comunisti consideravano essenziali le guerentigie parlamentari con l'autorizzazione a procedere nel timore che bastasse una denuncia ed un teste falso per privare l'elettore del suo rappresentante eletto. Erano ovviamente i tempi in cui i comunisti tacevano sulla loro vera natura di nemici del capitalismo e nascondevano la loro perversa solidarietà al bolscevismo sovietico.L'attuale caso dell'Ucraina e del genocidio a danno dei Kulakj dovrebbe far riflettere molti intellettuali organici di sinistra.

avv. Linarena


Risponde Rita Guma

L'impostazione della sua domanda sembra far pensare che Lei ritenga l'abolizione dell'autorizzazione a procedere ascrivibile alla sola sinistra, tuttavia cio' non sarebbe stato possibile, anche per le maggioranze numeriche richieste per l'approvazione su modifiche costituzionali.

L'abolizione dell'autorizzazione a procedere, approvata a maggio del '93, fu infatti conseguente al riconoscimento da parte di tutti i partiti dell'abuso di questo istituto, dato che l'autorizzazione a procedere nei confronti di parlamentari veniva allora concessa in meno del 20% dei casi.
A dimostrazione della trasversalita' dell'esigenza ravvisata, l'abolizione venne richiesta (nella primavera-estate del 1992, quando Mani Pulite era solo ai primi vagiti) mediante 11 proposte di legge, provenienti da tutti i partiti, due delle quali, che avevano per primi firmatari Fini (MSI) e Bossi (Lega), erano molto radicali nella richiesta dell'abolizione dell'art. 68.

Dagli atti parlamentari dell'epoca risulta addirittura che l'MSI lamento' nel dibattito parlamentare il permanere, dopo la modifica del comma 2, dell'istituto relativamente all'arresto, ai provvedimenti restrittivi ed alla perquisizione, affermando che cio' non si conciliava con le attese del Paese, mentre la Lega sottolineo' il suo rammarico per la mancata completa soppressione dell'articolo 68 della Costituzione.

Per quanto riguarda la posizione mia e dell'Osservatorio sulla questione, va fatta qualche preventiva riflessione su aspetti che non vengono quasi mai toccati in tutte quelle discussioni che riducono le scelte su temi importanti del vivere civile ed istituzionale a mere questioni di contrapposizione fra schieramenti o ideologie.

Nella questione dell'immunita' parlamentare il presupposto principale e' che occorre mediare fra il diritto del cittadino di essere rappresentato dal proprio eletto e quello dello Stato (collettivita') di non essere rappresentato da criminali.
Come ho gia' detto in altra sede, una cosa sono gli interessi, una cosa i diritti. I cittadini votano la parte politica ed i candidati che pensano possano rappresentare al meglio i loro interessi. Ma i cittadini hanno anche diritto a sapere chi li amministra e ad essere protetti dai criminali, ancorche' da loro scelti.
Ne hanno diritto soprattutto i cittadini piu' deboli. Lo Stato e la legge nascono infatti per proteggere i piu' deboli: i piu' forti non ne hanno bisogno.

Riguardo al suffragio elettorale che dovrebbe porre un parlamentare al di sopra di taluni accertamenti e processi, e' noto come molti regimi totalitari siano nati da una regolare elezione o acclamazione, ed e' viceversa noto come dittature ottenute con colpi di mano siano state in grado di generare rapidamente un consenso molto vasto (ottenuto con la propaganda o con il terrore).
Con il criterio avallato dai sostenitori dell'immunita' "per consenso" e con una legge come il Lodo Schifani si sarebbe giustificata qualsiasi nequizia commessa dal dittatore, contro, ovviamente, i piu' deboli, anche quella contro i Kulak da lei menzionati.

Credo poi che qualche rischio in piu' lo debba correre chi pretende di rappresentare il cittadino. In primo luogo egli non e' piu' una persona qualsiasi la cui privacy debba godere della stessa protezione del cittadino comune. Per i rappresentanti pubblici dovrebbe essere d'obbligo la trasparenza.
Berlusconi dovrebbe rispondere alle domande che gli vengono fatte sul suo patrimonio e sui suoi rapporti con la mafia, e cosi' dovrebbe fare De Benedetti per le accuse che gli vengono rivolte, qualora si candidasse ad una carica pubblica.

Se dobbiamo quindi applicare agli eletti le varie forme di garanzia processuale perche' non vengano condannati ingiustamente, non possiamo pero' ammettere che si sottraggano agli accertamenti tesi a conoscere la loro adeguatezza a gestire la cosa pubblica. Ed il fatto che siano stati eletti non e' sufficiente, dato che un passato oscuro che venga infine messo in luce potrebbe modificare la scelta dei loro elettori precedentemente ignari, oltre alle considerazioni prima fatte sulle dittature e sugli abusi.

E' poi giusto e corretto che il parlamentare sia protetto per azioni e pronunce ricadenti nell'esercizio delle proprie funzioni e possa quindi dire e fare cio' che ritiene piu' opportuno per esplicare il suo mandato, ad esempio censurare pubblicamente l'operato del potente di turno senza essere querelato per diffamazione.
Cio' e' giusto anche per la magistratura superiore, spesso chiamata a pronunciarsi sui potenti, e che gode dal 1882 di una immunita' circoscritta solo all'esercizio delle funzioni, mentre invece la CDL ne strombazza continuamente questo presunto privilegio comparandolo con quello del lodo Schifani o con quello proposto per i parlamentari.

Ma il Lodo Schifani non riguarda l'esercizio delle funzioni: e' esteso a tutti i reati penali, commessi prima e durante il mandato, ed altrettanto si vorrebbe realizzare per i parlamentari.
In pratica si potrebbe avere come capo dello Stato un assassino, un ladro, un truffatore, un mafioso, anche confesso, tanto non si puo' procedere contro di lui. Ed egli potrebbe anche continuare a commettere omicidi e furti senza conseguenze immediate (e forse - in virtu' di particolari coincidenze elettive e temporali - senza mai avere conseguenze).

Ma per fatti non connessi all'esercizio delle funzioni non e' giusto che chicchessia sia salvato dall'inchiesta, dal processo e dall'eventuale sanzione conseguente, per il principio costituzionale che ogni cittadino e' uguale davanti alla legge ed anche per un evidente principio etico.
Non dovrebbe quindi, a mio avviso, esistere un'immunita' parlamentare e per le alte cariche che non sia connessa strettamente alle azioni svolte nell'esercizio delle funzioni.

E' ovvio che, per salvaguardare sia i diritti dell'indagato che quelli dei suoi elettori, occorre un adeguato sistema di garanzie (ad esempio non devono bastare le accuse di un pentito per la condanna, ma occorrono una serie di riscontri incrociati, che pero' e' possibile trovare e/o controllare solo con un'inchiesta, che deve, quindi, essere fatta, ed inoltre vi devono essere piu' gradi di giudizio, come appunto in Italia).
Ma credo che questo debba valere per ogni cittadino, perche' sarebbe inammissibile una condanna superficiale di un nullatenente ed una inchiesta piu' accurata per un ricco o un potente.

Molte di queste garanzie gia' ci sono. Non mi pare infatti che Previti o Andreotti abbiano fatto un solo giorno di carcere: conducono una vita agiata, sono dotati di una serie di prerogative e privilegi spettanti ai parlamentari, sono stati sempre liberi di muoversi e di parlare in pubblico e con la stampa fino all'ultimo grado di giudizio ed all'eventuale condanna. Ed i processi a loro carico non sono nati dal nulla, in quanto alcune circostanze (come i rapporti di Andreotti con mafiosi) sono provate.
Cio' non esclude che non si possano o debbano prevedere altre forme di garanzia, purche' non tese a bloccare od ostacolare i processi per i politici o altre categorie, ad esempio la mafia.

Venendo quindi alla specifica domanda che Lei pone, a noi non interessa se un privilegio ingiusto viene approvato dalla destra o dalla sinistra, ora come allora: il privilegio resta ingiusto, anche se vanno verificati i confini del privilegio stesso per fare un vero confronto.

E non ci condiziona perche' non ne facciamo una questione di destra e sinistra, ma di diritti dei cittadini, di difesa dello Stato e di etica politica.

Ribaltando la domanda - e sempre con riferimento all'interesse pubblico ed all'etica politica - le potrei pero' chiedere perche' Fini e Bossi, che vollero l'abolizione dell'autorizzazione a procedere a suo tempo - scelta per la quale li ammirai - chiedono ed accettano il ripristino dell'immunita' oggi che sono al potere.

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vedi anche commissione per le autorizzazioni a procedere: come funziona